Si infittisce il mistero attorno alla scomparsa della dottoressa Sara Pedri, ginecologa presso l’ospedale Santa Chiara di Trento, che da ormai 4 mesi non si trova più. A quanto sembra il giorno della scomparsa Sara avrebbe presentato le proprie dimissioni e ora escono allo scoperto testimonianze agghiaccianti in merito al reparto dove Sara lavorava.
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I dettagli sull’ambiente malsano in cui Sara lavorava, una sua collega infatti ha parlato ai microfoni di “Chi l’ha visto?”, il programma di Federica Sciarelli, in cui ha raccontato la terribile situazione che si vive ogni giorno in quel reparto. Le parole di questa collega sono dure e drammatiche: “Pregavo Dio di fare un incidente e rompermi le gambe o restare paralizzata per restare a casa per sempre“.
Parole che descrivono la situazione con ritmi di lavoro insostenibili, comportamenti che erano al limite del mobbing. Ma la cosa non finisce qui: “Ti fanno lavorare per tre, ti ammazzano di lavoro e se ti ammali ti mettono in disciplinare“. Un ambiente che non è nuovo a questo tipo di vessazioni, infatti secondo alcune indagini è emerso che tra il 2016 e il 2021 sono stati ben 12 medici, 3 infermieri e 47 ostetriche a dare le dimissioni.
“Percossa davanti alla paziente durante un parto”: le parole dell’onorevole Parentela
Questo indica chiaramente che il caso di Sara Pedri non è un caso isolato e le parole delle testimoni che ora si fanno avanti non lasciano adito a dubbi su quanto succedeva in quel reparto.
Un’altra collega di Sara si è ritrovata nella stessa situazione, facendo però causa e vincendola: “Se qualcuno si fosse mosso prima tra i colleghi e i direttori, forse ora non saremo qui a piangere questa ragazza”.
Attorno a questo caso sono sorte rivelazioni davvero assurde portate in Parlamento in un’interrogazione al Ministro Speranza da parte dell’onorevole pentastellata Parentela. La donna sarebbe “stata presa a schiaffi sulle mani e percossa persino durante un parto cesareo davanti alla paziente”. Infine Parentela ha richiesto al Governo di intervenire in merito con un’ispezione ministeriale al nosocomio di Trento.