Dopo il ritiro delle truppe statunitensi la situazione in Afghanistan precipita. Il repentino avanzamento dei talebani mette in risalto la debolezza delle forze regolari e in serio pericolo la popolazione locale
Brutte notizie giungono dal fronte Afghano, dove il ritiro delle truppe statunitensi ha generato, come un effetto domino, l’avanzamento ad una velocità strabiliante dei talebani. Loro stessi si sono detti sorpresi dalla velocità con cui stanno riuscendo a muovere le proprie forze, oltre che dalla facilità, al punto tale che uno dei loro comandanti ha imposto un rallentamento per non offendere le truppe americane.
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Stando alle testimonianze riportate dalla NBC, l’avanzata dei talebani è, di fatto, inarrestabile, e sono giunti a posizionarsi vicino Kabul. Rispetto a solo due mesi fa, il gruppo islamista radicale ha raddoppiato il numero dei territori conquistati.
Il nodo centrale della vicenda è la sopravvivenza del governo, il quale, dopo che le truppe statunitensi avranno ufficialmente lasciato il territorio entro, e non oltre, l’11 settembre, potrebbe cedere sotto il peso delle forze talebane.
Dei 407 distretti del Paese, quelli in mano ai talebani sono oramai 142, ma si stima che in brevissimo tempo la cifra arriverà a 170. Dal punto di vista di strategia geopolitica, i talebani risultano in vantaggio soprattutto per aver conquistato il territorio delle province settentrionale che, come riporta la NBC, era un tempo considerato off limits per le rivolte e una vera e propria roccaforte del governo.
Oltre a porre in evidenza l’evidente inadeguatezza del governo nel gestire l’emergenza senza l’ausilio di forze straniere, sale la preoccupazione per l’incolumità della popolazione locale. Il problema si pose anche negli anni scorsi ma l’intervento da parte della Nato e l’ausilio aereo delle forze statunitensi aveva marginalizzato la minaccia talebana.
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Nel frattempo sono centinaia i militari afghani che stanno perdendo la vita, e in risposta i talebani hanno dichiarato che risparmieranno coloro i quali depongono le armi, come d’altronde avvenne anche negli anni Novanta. Ma sono riusciti anche ad andare oltre, stringendo una serie di accordi con i capi dei villaggi locali, riuscendo così a prendere il controllo delle zone con la condizione di non utilizzare la forza nei confronti dei civili.
Molti villaggi, soprattutto quelli situati nelle zone periferiche, hanno già accettato, consapevoli del fatto che da Kabul nessun rinforzo sarebbe giunto in loro aiuto.
Proprio durante il mese di giugno, dopo mesi di fermo, si sono svolti i colloqui di pace fra i talebani ed alcuni delegati del governo afghano nei pressi di Doha, in Qatar, con il fine di discutere un accordo di pace che sembra essere quanto mai lontano.
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Da parte dei talebani non è ancora giunta nessuna proposta ufficiale se non l’imposizione che la vita in Afghanistan venga basata su un “genuino sistema islamico”. Per quanto concerne i diritti delle donne, il capo dei talebani, il mullah Abdul Ghani Baradar, ha specificato che verranno protette assieme alle minoranze, ma senza specificare quali potrebbero essere i loro diritti civili. Ma la pace è un’utopia e la prospettiva di un dialogo fra il governo ufficiale e i talebani è, di fatto, quasi irrealizzabile.
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