A quasi tre anni di distanza dai fatti, arriva la sentenza, che vedeva inizialmente uno dei condannati libero dal carcere, dove tuttavia l’accusato è rimasto
Era la notte fra il 18 e il 19 ottobre del 2018 quando, all’interno di uno stabile abbandonato di via dei Lucani a San Lorenzo, a Roma, venne ritrovato il corpo senza vita dell’allora 16enne Desirèe Mariottini, abbandonato su un materasso e coperto da un lenzuolo.
Un delitto che sconvolse l’Italia intera, soprattutto per la violenza dei fatti. La 16enne, infatti, venne drogata e, mentre era in stato di incoscienza derivante dall’overdose, venne abusata sessualmente dal branco e lasciata morire senza soccorsi.
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A distanza di circa cinque giorni dal decesso, i poliziotti della squadra mobile di Roma fermarono due senegalesi irregolari, Mamadou Gara e Brian Minthe. I due vennero accusati, assieme ad altre due persone, di violenza sessuale di gruppo, omicidio volontario e cessione di stupefacenti a minore. Gli altri due soggetti coinvolti, Alinno Chima, 47 anni, e Yusef Salia, finirono in manette nelle ore successive.
Dopo un lungo iter giudiziario, a distanza di quasi tre anni, arriva la sentenza.
In un primo momento, però, i giornali danno la notizia della liberazione di uno degli assassini, successivamente fatto ritornare in carcere.
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Nella giornata di ieri per i quattro stranieri responsabili della morte della ragazza è arrivata la sentenza dopo nove ore di audizione della Corte d’Assise nella camera di consiglio, pronunciata all’interno dell’aula bunker a Rebibbia: due ergastoli per Yousif Salia e Mamadou Gara, 27 anni di condanna per Chima Alinno e 24 anni e sei mesi per Brian Minthe.
Quest’ultimo in un primo momento era stato rilasciato poiché, al momento dell’arresto, era stato annullato dal Riesame la sua misura cautelare rispetto all’omicidio, lasciandola intatta solo per la violenza sessuale, accusa dalla quale poi, Minthe era stato assolto.
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Tuttavia, la libertà non è stata acquisita per la scadenza dei termini della custodia cautelare e, dunque, per Minthe resta invariata la condanna a 24 anni e sei mesi per l’accusa di omicidio e non più per quella di cessione di sostanze stupefacenti.
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In un primo momento la madre della vittima, Barbara Mariottini, si era lasciata andare ad uno sfogo di rabbia dopo la notizia della scarcerazione di uno degli accusati: “Uno dei condannati torna libero per scadenza termini e questo non doveva succedere. Aspettavo una sentenza completamente diversa, mi aspettavo ergastolo per tutti. Sono molto arrabbiata“, aggiungendo “Era una bambina di 16 anni. L’hanno lasciata dopo 4 ore di agonia”.
Una rabbia a dir poco comprensibile, ma che fortunatamente sarà svanita, per lo meno parzialmente, alla notizia della conferma della condanna a Minthe. La paura della Terza Corte di Assise del tribunale romano era che Minthe potesse fuggire per sottrarsi alla condanna. Nella disposizione al carcere si parla, infatti, di “concreto pericolo di fuga” e, inoltre, non avendo l’accusato una dimora stabile, non sarebbe stato comunque possibile disporre “misure meno gravose”.
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