Scopriamo la storia di Anna Carrino, compagna di Francesco Bidognetti il boss del clan camorrista dei Casalesi.
Se le forze dell’ordine sono riuscite a scoprire tutti i traffici compiuti negli anni da Francesco Bidognetti e dal clan dei Casalesi a Caserta, parte del merito è di Anna Carrino che nel 2007, dopo l’arresto, è diventata collaboratrice di giustizia. Per oltre 25 anni Anna è stata la compagna federe del boss dei Casalesi, gestendo parte dei traffici del clan e risultando una figura di spicco dell’organizzazione camorrista. Proprio il suo lavoro di referente tra il marito in carcere ed il resto del clan è stato il motivo per cui è stata arrestata.
La sua storia con Bidognetti e con il malaffare comincia quando aveva appena 13 anni e torna a casa dal collegio. In quel periodo la madre si frequentava con il boss e presto le sue attenzioni si rivolsero proprio a quella ragazzina. All’epoca dei fatti Bidognetti aveva 29 anni, ma nessuno si interpose tra lui e la giovane. Ospite questa sera a Belve, Anna ha raccontato come lo ha conosciuto e come è nata la loro relazione: “fino a 13 anni sono stata in collegio. Mi sono molto avvicinata a lui perché lo vedevo come un papà, poi man mano cominciava a nascere non dico l’amore, perché amore è una parola molto grande, ma tantissimo affetto”.
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Anna Carrino, la gravidanza ed il conflitto con la figlia
Da quell’affetto è nata la prima figlia Katia. Una gravidanza della quale Anna non si era nemmeno resa conto e che è stata costretta a vivere in totale solitudine: “Quella mattina sono rimasta da sola a casa mi sono venuti dei dolori di pancia, pensavo di dover andare in bagno ma d’un tratto mi sono sentita l’acqua che mi colava tra le gambe e ha cominciato a uscire la testolina della bambina e io con le mani la infilavo dentro per non farla uscire”.
La nascita della bambina ha di fatto sancito l’inizio ufficiale della relazione con Bidognetti, dal quale ha avuto un’altra figlia, Teresa, ed un figlio maschio. Il boss non l’ha mai sposata ma nei 25 anni in cui sono stati insieme l’ha trattata come una moglie. Questo ha comportato l’entrare a conoscenza e a far parte di tutti gli affari del clan. Dopo l’arresto non ha retto più alla pressione ed ha deciso di collaborare con gli inquirenti dando una grossa mano alle forze dell’ordine.
Nella sua vita c’è anche da sopportare l’odio della figlia Katia. Tempo addietro la figlia del boss ha chiesto che la madre venisse uccisa. Una richiesta che a quanto pare è legata ad un fraintendimento: “All’inizio c’è stato quel rapporto tra suocera e genero, poi dopo ha cominciato ad allungare le mani. E quando uno comincia ad allungare le mani…”, spiega la donna a Fracesca Fagnani, confermando che sia la figlia sia molti altri le hanno dato la colpa dei comportamenti del genero: “dicono che io non ho parlato, mi sono stata zitta, l’ho coperto, perché ho fatto… Ma invece non parlavo per paura”.