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Sport

“Non c’è bisogno di portare le performance fino all’estremo”: Sgarbi e i morti su pista

“Non c’è bisogno di portare le performance fino all’estremo”. 

Anche Vittorio Sgarbi ha voluto esprimere la sua opinione dopo la tragedia che ha spezzato per sempre la giovane vita di Jason Dupasquier, pilota di Moto 3 deceduto in seguito ad un terribile incidente al Mugello.

Secondo il critico d’arte, intervistato dal sito “Mowmag.com”, se tutti i motociclisti potessero andare alla stessa velocità “il talento emergerebbe di più”.

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Sgarbi ha chiarito di avere da sempre questo pensiero, “fin dai tempi di Clay Regazzoni nelle auto”. Nel post pubblicato sulla sua pagina Facebook, Sgarbi si chiede che senso abbia “praticare sport in cui si mette continuamente a rischio la propria vita e quella degli altri”.

“A quali principi s’ispira uno sport del genere? – si chiede Sgarbi, che poi aggiunge – Però qualcuno non vuole il Palio di Siena per non mettere a rischio i cavalli. I ragazzi sì, i cavalli no?”.

Sebbene negli ultimi decenni le tragedie su pista siano diventate (per fortuna) molte di meno, grazie anche ad una crescita in termini di sicurezza, non sono pochi i piloti di moto e auto che hanno perso la vita sul circuito.

Da Villeneuve a Simoncelli, passando per Senna: le tragedie su pista

Gli appassionati di Formula 1 non possono ovviamente dimenticare le terribili immagini di Zolder 1982, con Gilles Villeneuve catapultato fuori dalla sua Ferrari dopo uno scontro con la March di Jochen Mass durante le qualifiche.

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Il 1 maggio 1994, 12 anni dopo, la curva del Tamburello del Gran Premio di San Marino fu l’ultima di un altro leggendario campione come Ayrton Senna, morto a 34 anni.

In tempi più recenti, impossibile non pensare alla tragedia del 23 ottobre 2011 a Sepang, quando Marco Simoncelli perse il controllo della sua Honda e venne successivamente investito da Colin Edwards e Valentino Rossi, che non poterono fare nulla per evitarlo. Un impatto fatale per “SuperSic”, volato via a soli 24 anni.

Roberto Naccarella

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