A Sabaudia, i lavoratori indiani impiegati nei campi delle campagne sono stati drogati con stupefacenti al fine di non fargli avvertire la stanchezza, la fatica di una giornata lavorativa, che va dalle 12 alle 16 ore. Indagati un farmacista e un avvocato; arrestato il medico firmatario delle ricette per quasi 200 assistiti.
NO PAIN, l’indagine su una società che aiuta i criminali
Se la prassi comune prima prevedeva l’ingestione dei bulbi di papavero, fase del prodotto precedente all’eroina, ora si è scoperto che i lavoratori assumevano farmaci con principi attivi psicotropi, farmaci che ovviamente devono essere prescritti. La piaga del caporalato coinvolge non solo i proprietari terrieri, ma altri professionisti senza scrupoli, dunque.
I carabinieri del Nas di Latina hanno arrestato nella giornata d’ieri il medico Sandro Cuccurullo. Secondo il capo d’accusa, avrebbe rilasciato circa mille prescrizioni a 222 propri assistiti di nazionalità indiana, ovvero a 222 braccianti delle campagne pontine per un totale di oltre 1.500 confezioni di un farmaco stupefacente di categoria D, principio attivo ossicodone.
Se non bastasse il medico sarebbe riuscito a mettere tutte le spese dei farmaci, ovviamente non prescritti a scopi terapeutici ma per rimediare al senso di spossatezza di una giornata massacrante, a carico del sistema sanitario nazionale, per un danno economico di un danno di 146.052,89 euro.
I tre coinvolti nella indagine dell’operazione ‘NO PAIN’ sono stati interdetti dall’esercizio della professione per un anno. Sono indagati per illecita prescrizione di farmaci ad azione stupefacente, favoreggiamento dell’ immigrazione clandestina, frode processuale, falso e truffa ai danni dello Stato.
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Il paradosso della ‘società civile’
Chiunque droghi un uomo per non permettergli di sentire la fatica, è perfettamente consapevole che ciò a cui quell’uomo è sottoposto non è lavoro, ma schiavitù. Che la consapevolezza di stare agendo iniquamente non porti a pentimento, ma induca a trovare strategie per ottimizzare l’iniquità, permette un giudizio abbastanza chiaro sui responsabili del fatto, e non è un giudizio lusinghiero.
Il sociologo Marco Omizzolo, da sempre attivo in prima persona nella lotta alla piaga del caporalato, commenta:
“Con questa operazione viene finalmente riconosciuto il coinvolgimento di professionisti nel sistema malato che si è creato intorno ai braccianti. Il fenomeno si è spesso radicalizzato, molti indiani sono passati a droghe pesanti, alcuni sono morti di overdose nei campi. Almeno una decina. Il fatto che il sistema delle sostanze stupefacenti per non sentire il dolore e la fatica si sia evoluto, addirittura con la prescrizione di farmaci e con il danno al sistema sanitario nazionale, è forse anche dovuto a quello. Perché c’è bisogno di qualcosa in più”.
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