Aveva fatto molto discutere la vicenda di Laura Lugli, pallavolista 41enne citata in giudizio dalla sua ex società, il Pordenone Volley, dopo che l’atleta aveva richiesto un’ingiunzione di pagamento per l’ultimo mese nel quale aveva giocato in B1 prima di interrompere il contratto perché in gravidanza.
Il Pordenone (con cui il rapporto era stato interrotto nel febbraio 2019, quando la Lugli decise frattanto di ritirarsi dopo una carriera ventennale) non aveva intenzione di pagare l’ultimo mese di stipendio all’atleta perché secondo il club con la sua maternità la Lugli avrebbe danneggiato la squadra, ancor più perché al momento della firma del contratto non aveva comunicato l’intenzione di diventare madre.
Una vicenda paradossale, che si conclude in maniera positiva: il club friulano ha ritirato la citazione, a pochi giorni dall’udienza fissata per martedì prossimo.
Grande la felicità della schiacciatrice nata a Carpi (e che in carriera ha giocato davvero in tutta Italia, dal Friuli alla Calabria): “È una grande vittoria per tutti ed era molto importante che questa causa non entrasse nemmeno in un tribunale a dimostrazione della sua infondatezza. È un forte segnale per le donne, non solo atlete, che si trovano a dover affrontare queste situazioni assurde”, sono le parole riportate da ‘La Stampa’.
La vicenda non andrà in tribunale e per la Lugli va bene così: “Credo che il club avesse capito che non c’erano le ragioni per andare avanti. Non avevo paura di un risultato contrario ma è stato meglio chiuderla così».
E dopo aver espresso la propria delusione per com’è stata tratta dalla società del Pordendone, la Lugli ha annunciato che non ha intenzione di tirarsi indietro adesso, promettendo battaglia per le sue colleghe (anche a fanco dell’Assist, l’Associazione nazionale atlete).
Perché c’è tanto da fare:
“La situazione è complessa ma di facile soluzione: basta riscrivere tutto. Le società mettono sempre davanti la questione economica e questo non va bene perché lo sport è l’unico ambito nel quale gli interessi del datore di lavoro e la sua capacità di sostenere i costi sono anteposti ai diritti dei lavoratori. Se si volesse risolvere la questione professionismo i soldi si troverebbero e potremmo avere le tutele che mancano”.
Infine una battuta sull’operato della Federazione pallavolo e del Coni.
Sulla Federvolley: “Si stanno muovendo lentamente. Non si sono esposti tanto sulla mia vicenda che certamente li ha messi con le spalle al muro. Dobbiamo valutare, se saranno interventi di facciata lo capiremo subito”.
E sul Comitato olimpico:
“Ho ricevuto telefonate private dai vertici del Coni, mi hanno inizialmente fatto molto piacere, mi hanno detto che erano indignati. Ma dopo le telefonate non è successo nulla. Nessuna dichiarazione ufficiale”.
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