Dal 2004 il 17 Maggio di ogni anno è dedicato alla lotta contro l’omotransfobia, riconosciuta sia dall’UE che dalle Nazioni Unite. Lo scopo che ha ispirato l’istituzione della giornata è sociale, ma soprattutto politico.
Infatti la risoluzione UE, in risposta a delle affermazioni omofobe delle autorità polacche, “condanna i commenti discriminatori formulati da dirigenti politici e religiosi nei confronti degli omosessuali, in quanto alimentano l’odio e la violenza, anche se ritirati in un secondo tempo, e chiede alle gerarchie delle rispettive organizzazioni di condannarli.
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La necessità di una giornata peculiare dedicata a eventi, dialoghi e incontri centrati sul tema delle discriminazioni a causa di orientamenti sessuali e identità di genere è quanto mai attuale.
Alla complessa approvazione del DDL Zan fanno da corredo migliaia di storie incresciose di odio e violenza contro omosessuali, transgender e bisessuali.
Gli atti intimidatori e discriminanti sono vari e di diversa gravità, dal commento offensivo all’omicidio, eppure hanno in comune la medesima ispirazione: probabilmente la paura e la non comprensione del diverso.
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L’Italia poi, nelle classifiche degli osservatori sociali, scivola sempre di più, attraversata da un senso civico davvero reazionario.
Il solo fatto che il DDL Zan susciti così clamore, che divida in fazioni così nette è divise, è indice dell’arretratezza culturale italiana. Quasi tutti gli stati Europei, tranne la Polonia e l’Ucraina, hanno legiferato a favore di pene contro i comportamenti omofobi, transofobici e bifobici.
Ecco alcuni numeri, scoraggianti, della situazione in Italia, che occupa il 35° posto della classifica dei Paesi Europei per politiche a tutela dei diritti umani e dell’uguaglianza delle persone LGBT+, stilata da Gay Help.
Secondo l’associazione, sono circa 20000 le chiamate annue di denuncia di comportamenti lesivi a danno di persone omosessuali o transessuali, per una media di 50 chiamate giornaliere.
Nell’ultimo anno sono aumentate le minacce, dal 11 al 28%, come sono aumentati le discriminazioni sul lavoro, dal al 3 al 15%.
Complice la pandemia e l’abuso di social e chat online, gli episodi di cyberbullismo e di hate speech online hanno raggiunto cifre notevoli e allarmanti.
Non solo odiatori da tastiere, sale al 50% il numero di chi ha avuto problemi in famiglia, violenza fisica e verbale, a causa dell’orientamento sessuale o dell’identità di genere.
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