Intervistato da TPI dopo la sentenza di condanna, Antonio Ciontoli difende la sua famiglia e sostiene che la pena sia ingiusta.
Si è conclusa dopo 6 anni e 5 gradi di giudizio, il processo ai danni della famiglia Ciontoli per la morte di Marco Vannini. Il 20enne è stato raggiunto da un colpo di pistola il 17 maggio del 2015, mentre si trovava a casa della fidanzata Martina. In base a quanto emerso in questi anni durante i processi, la famiglia Ciontoli ha ritardato la richiesta ai soccorsi e sminuito l’accaduto. Questi due fattori hanno portato ad un notevole ritardo nell’intervento dei paramedici e alla morte per dissanguamento del giovane.
La Cassazione ha confermato ieri le condanne già comminate dalla Corte d’Appello bis: 14 anni di carcere per Antonio Ciontoli per omicidio volontario e 9 anni e 4 mesi per la moglie e i due figli per concorso semplice in omicidio. Una pena dura, specialmente per i familiari dell’ex militare, che ha fatto esultare l’accusa, ma ha fatto infuriare la difesa. Già ieri, infatti, i legali della famiglia Ciontoli hanno parlato di “Sentenza ingiusta”.
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Dello stesso avviso è anche Antonio Ciontoli, il quale si è detto sorpreso e sconcertato dalla sentenza. Intervistato da Selvaggia Lucarelli per TPI, l’uomo ha dichiarato: “È una sentenza ingiusta, e non dico per quel che riguarda me di cui non mi importa, ma per i miei familiari, i miei figli e mia moglie. Loro non sono mai stati coscienti della gravità del fatto, mai. E io non volevo che Marco morisse, l’ho detto un miliardo di volte e lo dirò sempre”. Insomma a suo avviso tutte le pene inflitte sono ingiuste.
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L’uomo successivamente sostiene che la sentenza è stata condizionata dall’influenza dei media: “Io penso che questa sia una giustizia sommaria, su cui ha pesato la pressione mediatica di Quarto Grado, Chi l’ha visto e Le Iene”. Ma anche dagli esponenti della politica: “Non si era mai visto che in un caso di cronaca intervenissero Matteo Salvini, l’ex ministro della giustizia Bonafede, l’ex ministro Trenta, Nicola Zingaretti, Luigi Di Maio e solo per ampliare il consenso popolare, quando le istituzioni politiche dovrebbero tenersi lontane dal lavoro della magistratura”.
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