Una vicenda complessa, che prende le mosse da confessioni che, se si rivelassero vere, non solo scuoterebbero dalle fondamenta magistratura e palazzi di potere, ma le farebbero esplodere
Cos’è la Loggia Ungheria? E’ la prima domanda che mi sono posta all’inizio di questa vicenda, ed è quella che, sicuramente, molti di voi si sono posti ascoltando l’ultima cronaca giudiziaria.
Non possiamo ancora avere una definizione certa ma, se questa vicenda dovesse proseguire e alcune confessioni rivelarsi attendibili, sarebbe una vera e propria bomba su tutto il sistema giustizia Italia, superando di gran lunga la gravità dell’affaire Palamara.
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Cos’è la Loggia Ungheria
Basandoci su come la questione sia stata presentata, la Loggia Ungheria sarebbe una organizzazione di natura sovversiva finalizzata a condizionare nomine della magistratura e degli incarichi pubblici ma anche a corrompere processi.
Questa vicenda non può che iniziare con un nome, quello di Piero Amara. Noto avvocato, non a caso legale dell’ENI, possiamo dire che Amara può essere paragonato ad una sorta di Buscetta della magistratura: un pentito che, approfittando del suo ruolo da avvocato, aveva corrotto giudici e fatto manomettere gli esiti dei processi.
Ma non solo: in preda al pentimento per quanto commesso, Amara avrebbe anche confessato di essere un affiliato alla “Loggia massonica Ungheria”, una sottospecie di nuova P2. Ma andiamo per gradi.
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Le confessioni di Piero Amara e quel lungo migrar dei documenti
Dopo aver deciso di confessare quanto commesso, Amara si è recato presso la Procura di Milano, alla quale avrebbe reso almeno 4 interrogatori verso la fine del 2019, durante i quali avrebbe parlato non solo degli atti corruttori in sé, ma di questa fantomatica loggia.
Da quel momento in poi quelle gravissime accuse sarebbero rimaste nelle segrete stanze dei PM fino a quando Paolo Storari, colui il quale era l’affidatario del fascicolo, ha deciso nell’aprile del 2020 di consegnarle a Piercamillo Davigo, ex consigliere del Csm.
Da quel momento, si ipotizza per la pandemia, le carte sono rimaste ferme sino all’ottobre scorso, quando Davigo è andato in pensione.
Dopo il pensionamento tutte le carte sono passate nelle mani dell’ex segretaria, tale Marcella Contraffatto, che si è guadagnata l’appellativo giornalistico de ‘Il corvo’ per aver presumibilmente fatto arrivare i documenti alla redazione de ‘Il Fatto Quotidiano’.
Stando alla ricostruzione dei fatti da parte della ‘Verità’, ma non solo, Antonio Massari, dopo aver ricevuto i fascicoli contenenti le dichiarazioni scottanti di Amara, avrebbe deciso di denunciare la questione alla Procura di Milano, la quale si è ovviamente attivata per capire come fosse possibile che dal capoluogo lombardo fossero arrivate alla capitale.
L’apertura del fascicolo per associazione segreta a Perugia
Alla fine, dopo un lungo migrar, forse complice la paura che questi documenti fossero già in altre parti d’Italia, i milanesi hanno deciso di trasmettere i documenti con le dichiarazioni di Amara a Perugia, competente in materia di reati afferenti i magistrati capitolini, quegli stessi che, a detta del “pentito”, farebbero parte dell’ipotetica loggia Ungheria.
Da quel momento in poi la procura perugina ha aperto un fascicolo agli inizi del 2021 per il reato di “associazione segreta” previsto dalla Legge Anselmi.
L’indagine, al momento, è a ‘modello 21’, ossia con l’iscrizione del reato di più indagati. Non si ha contezza sul numero degli iscritti, ma qualcuno parla di “un pugno di toghe”.
La denuncia di Di Matteo
Pare che i verbali siano stati fatti recapitare anche alla redazione de ‘La Repubblica’, a Liliana Milella, precisamente, che come il collega de Il Fatto ha deciso di non divulgare il materiale a mezzo stampa.
Nel marzo 2021 i documenti sono giunti nelle mani anche di Nino Di Matteo, magistrato indipendente del csm, come riportato da Il Fatto Quotidiano “Il primo a parlarne pubblicamente è stato il magistrato Nino Di Matteo, intervenendo durante il plenum del Csm”.
Il togato indipendente avrebbe iniziato il suo intervento riferendo ai colleghi di volerli informare di quello che è un “fatto personale”, affermando di aver ricevuto un
“plico anonimo, tramite spedizione postale, contenente la copia informatica e priva di sottoscrizione dell’interrogatorio di un indagato risalente al dicembre 2019 dinanzi a un’autorità giudiziaria”.
Sempre ‘Il Fatto Quotidiano’ aggiunge che Di Matteo ha dichiarato che nella lettera che accompagna il faldone si specificava che “quel verbale veniva ripetutamente indicato come segreto“ in quanto
“Nel contesto dell’interrogatorio l’indagato menzionava in forma evidentemente diffamatoria, se non calunniosa, circostanze relative a un consigliere di questo organo“.
Piero Sansonetti, direttore de ‘Il Riformista’, ha definito la loggia Ungheria come “una organizzazione assai più potente (della P2, n.d.r). Micidiale. Che sostituisce le istituzioni e non controlla semplicemente un giornale ma tutta la macchina della giustizia. E che orienta la giustizia, decide le nomine, i poteri e soprattutto le inchieste e le sentenze”.
Sembra che per ora parte delle accuse verbalizzate siano state ritenute come non attendibili da parte di alcuni organi giudiziari. Fra queste il presunto coinvolgimento del consigliere del csm Stefano Ardita, che farebbe parte anche lui della loggia segreta stando alle parole dell’avvocato di origini siciliane. Una dichiarazione che pare sia stata ufficialmente confermata come falsa.
Quelle misteriose accuse a Giuseppe Conte
In mezzo a questo turbinio di fango ci è finito anche l’ex premier Giuseppe Conte, in relazione proprio alle presunte attività illecite di Stefano Ardita. Conte, però, è stato nel tirato in ballo in relazione per le consulenze per la società ‘Acqua Marcia’, evento strettamente legato anche ad Amara che avrebbe raccomandato Conte per fargli ottenere quell’incarico.
Conte, però, nega di conoscere “il pentito siciliano”, e ha voluto rispondere in prima persona alle accuse ricevute da parte del quotidiano ‘Domani’ che aveva titolato: “Gli affari segreti di Conte”.
Nella replica, riportata nel post sottostante si legge fra le varie: “Un avvocato civilista, che è la professione che ho svolto prima di diventare Presidente del Consiglio, non fa affari, tantomeno segreti. Un avvocato civilista svolge attività professionale: difende i clienti nei processi e fornisce consulenze e pareri legali, rispettando – è un preciso e rigoroso dovere imposto dal codice deontologico forense – la riservatezza dei propri assistiti. Gli “affari” – ostentati o segreti non spetta me dirlo – li concludono gli imprenditori, come ad esempio il Suo datore di lavoro, ing. De Benedetti. Quanto a quest’ultimo, da Presidente del Consiglio non mi sono mai concesso il piacere di incontrarlo privatamente, pur sollecitato varie volte a farlo”.