È un giorno storico in Italia: l’assoluzione di Walter De Benedetto è una sentenza che va ben oltre il singolo caso. Assolto per la coltivazione di 27 piante di Marijuana, perché il fine non era lo spaccio, ma l’alleviamento dai dolori della sua patologia, “è stato affermato il principio del diritto di cura“, la sentenza del giudice si spera porterà un cambio normativo.
Perché l’assoluzione non cancella né giustifica il processo tenutosi oggi.
Il giudice ha archiviato il caso perché il fatto non sussiste, esattamente come da richiesta dell’avvocato Laura Taddei.
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Assente oggi in aula per un malessere accusato da Lunedì, metaforicamente con Walter De Benedetto c’era buona parte dell’opinione pubblica, scossa dal processo a un uomo disabile, reo di aver cercato di alleviare il proprio dolore, sostituendosi a uno stato poco restio a riconoscere il valore terapeutico della Marijuana.
Walter De Benedetto a 48 anni è affetto da Artrite reumatoide, una patologia neuro degenerativa fortemente invalidante e che lo costringe a letto con atroci dolori.
In assenza di una cura, la cannabis rappresenta un sollievo dai dolori, ma la dose concessa dall’assistenza medica nazionale è misera, tale per cui l’uomo è stato costretto a coltivarla in casa, venendo indagato per possesso di sostanze stupefacenti e spaccio.
La denuncia effettuata due anni fa, dopo un sopralluogo dei carabinieri nell’abitazione, si è risolta ora in tribunale con questa sentenza: “K.W. e F.V. vanno pertanto assolti per insussistenza degli estremi del reato a loro ascritto trattandosi, quanto alla detenzione della marijuana, di mero illecito amministrativo e, quanto alla detenzione delle piantine, di fatto non penalmente rilevante”.
Soddisfatta, nei limiti del possibile dato il processo, l’avvocato di Walter: “Siamo molto soddisfatti dell’assoluzione perché il fatto non sussiste. È la soluzione auspicata perché da tempo avevamo chiesto l’archiviazione. De Benedetto non ha mai fatto uso di sostanze stupefacenti”.
Lo stesso imputato aveva a ottobre rivolto un accorato appello a Mattarella: “Sono malato e senza terapia, per giunta ora indagato per essere stato costretto a violare la legge per non soffrire. Mi chiedo: dove sta il Parlamento?”.
Il parlamento tace, eccezione fatta per la ministra Dadone che festeggia il giorno storico, lanciando sferzanti insinuazioni ai colleghi: “Posso non assumere sostanze stupefacenti ed essere a favore della legalizzazione della marijuana, posso essere eterosessuale ed essere a favore dei diritti Lgbt. Non abbiamo bisogno di vivere direttamente un’esperienza per comprenderla, per empatizzare con chi soffre ogni giorno in silenzio i soprusi di una mentalità violenta e repressiva”.
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