Mark Bryan: l’ingegnere sposato con due figli che schiaccia i pregiudizi sui tacchi a spillo

Con buona pace del senatore Ostellari, gli usi e le consuetudini sono una fonte terziaria del diritto normativo, tale che prima di praticare ostruzionismo verso il Ddl Zan, dovrebbe avvedersi dei nuovi usi e delle nuove consuetudini a partire dai proprio dai social, il nuovo teatro di una rivoluzione culturale che ha la velocità di internet.

È di ieri la notizia del lancio della nuova linea di smalti di Fedez, un progetto imprenditoriale e commerciale da un ampio risvolto sociale, culturale e politico.
Sociale perché parte del ricavato andrà ad aiutare la Onlus Pangea che aiuta le donne vittime di violenza; culturale perché è estraneo e sovversivo nei confronti dei ruoli di genere tradizionali, uno smalto creato da un uomo? E politico perché, come diceva Thomas Mann, “Tutto è politica”.

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L’insofferenza per i ruoli di genere

Sui social dove l’innovazione talvolta significa semplicemente ricaricare il feed la rivoluzione corre veloce e utenti come Mark Bryan diventano personaggi affermando solo la loro persona.

 

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Mark Bryan è un ingegnere meccanico di origine americane che vive e lavora in Germania. E’ sposato con una donna, ha due figli, una passione per le Porsche e per i tacchi a spillo e gonne a tubino.

Già una superficiale descrizione dell’uomo è capace di sovvertire tutti i più comuni preconcetti e inferente sull’orientamento sessuale, sul sesso biologico e sulla correttezza dei comportamenti di genere.

 

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L’uomo diventato un’icona, preferirebbe invece non esserlo, preferirebbe invece aumentare la consapevolezza circa il fatto che ogni ‘performance di genere’ sia solo un prodotto culturale, nulla di naturale, nulla d’immutabile, nulla da dover difendere e di converso attaccare.

 

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“Sono solo un uomo normale, felicemente sposato, etero che ama le belle donne delle Porsche. E che ama incorporare una gonna e tacchi nel suo guardaroba quotidiano. Mi vesto così perché posso. Solo per essere diverso. Ho sempre ammirato le donne che indossavano gonne strette e tacchi. Non sessualmente, ma il potere che hanno mostrato di avere. Non mi vesto per essere attraente, ma per vestirmi come farebbe qualsiasi donna professionista. Per me i vestiti non hanno genere. Preferisco le gonne ai vestiti. I vestiti non mi permettono di mescolare i sessi. Preferisco un look “maschile” sopra la vita e uno non di genere sotto la vita. Si tratta di vestiti che non hanno sesso“.

 

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A poche settimane dall’onda di odio che ha investito PierPaolo Piccioli e il nudo maschile scelto per pubblicizzare la nuova borsa, l‘ennesimo monito di una società che cambia, perché a essere naturale non è il genere, ma il cambiamento.

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