Imprenditoria femminile in Italia: a che punto siamo? I dati e l’esempio di ‘Particolari’, un’azienda tutta al femminile

Uno sguardo allo stato dell’imprenditoria femminile in Italia, fra incentivi, gender pay gap ed emergenza sanitaria. Alcune realtà aziendali, però, sono l’esempio di come un’imprenditoria al femminile non solo sia possibile, ma anche vincente

Con la legge di bilancio 2021 lo stato ha dato vita ad un “pacchetto” di agevolazioni per incentivare l’imprenditoria femminile. Dalla promozione di progetti ad elevata innovazione tecnologica, passando per il ‘Venture capital’ e il ‘Fondo impresa femminile’, questa serie di incentivi gioca, sicuramente, un ruolo importante per rilanciare l’imprenditoria delle donne in Italia, ma non è da ritenersi in alcun modo sufficiente.

Dando uno sguardo ai dati più recenti emerge, infatti, una realtà tutt’altro che rosea.
Un gender pay gap persistente marchia la vita lavorativa di moltissime donne in Italia, e durante la pandemia sono le donne la categoria lavorativa maggiormente colpita e che è stata soggetta a maggiori perdite.

L’impatto della pandemia sul lavoro femminile

‘Accenture’, ‘Quilt.AI’ e ‘Women20’ (W20) hanno condotto nel mese di agosto un importante studio nel quale è stato analizzato l’impatto della pandemia Covid-19 sulla parità di genere. La ricerca ha dato vita al report ‘If not now, when?’, i cui risultati sono frutto dell’analisi condotta su un campione di 7mila persone suddivise in 7 paesi.

Rispetto allo scenario pre-pandemia, le donne (rispetto agli uomini), hanno perso un guadagno pari al 63%, con una diminuzione del reddito medio di più del 16% contro il 10% maschile. Le donne, inoltre, rispetto ai colleghi uomini hanno il 79% di possibilità in più che vengano licenziate.

L’imprenditoria femminile in Italia: qualche dato

Sul fronte dell’imprenditoria il danno non è da meno. Sebbene il tessuto economico italiano abbia una presenza femminile non irrilevante, sussistono ancora una serie di problematiche importanti, sintomo palese di una parità di genere non ancora raggiunta, nè nel sociale nè nell’economia.

Come riportato nel ‘Rapporto imprenditoria femminile’ stilato da Unioncamere, le imprese al femminile:

“Al 3° trimestre 2020 sono 1.336.646, pari al 22,0% del totale imprese. Si tratta di una imprenditoria, a confronto con quella non femminile, prevalentemente più piccola di dimensione, più presente nel Mezzogiorno, più giovane, guardando sia agli imprenditori under 35 sia all’età dell’impresa”. 

Sempre nel rapporto vengono riportate quelle che, a detta degli analisti, sono i maggiori ostacoli alla piena realizzazione dell’imprenditoria femminile. Il basso ricorso al credito bancario, ad esempio, è frutto di uno scoraggiamento che viene operato dalle stesse banche: si calcola un 8% per le donne contro il 4% degli altri casi. Il sistema bancario, infatti, richiede alle imprese femminili, rispetto a quelle maschili, maggiori garanzie reali, sia di terzi che di solidità e crescita economica.

Anche il fisco, dichiarato dal 49% delle imprese gestite da donne, sembra fare la sua parte, oltre che, ovviamente, un andamento globalmente negativo dell’economia.

La differenza di genere, come già anticipato, nella pandemia si è ulteriormente acuita: secondo Unioncamere: La quota delle imprese “rosa” che dichiara che ritornerà ai livelli pre-covid nel 2021 è inferiore a quella delle non femminili (29% vs 34%), mentre diventa più alta se ci spostiamo al 2022 (25% vs 19%) o al 2023 (10% vs 7%)”.

Imprenditoria-femminile-italia
Grafico di Unioncamere

L’esempio vincente di ‘Particolari’, un’impresa al 95% donna

particolari-azienda-accessori-moda

Sul territorio italiano, però, sono vari gli esempi di “resistenza” tutta al femminile, di tutte quelle imprenditrici che, forti del concept da loro ideato, dei loro prodotti e della loro visione, sono riuscite non solo a prendere un importante fetta del mercato interessato, ma anche ad avere un organico quasi tutto al femminile.

Un eccellente esempio di quanto esposto è l’impresa di ‘Particolari’, nata nel 1998 in Abruzzo grazie alla visione di Antonio Di Petta e Donatella Ranni, una giovane coppia di imprenditori che hanno deciso di fare del loro amore per la moda e gli accessori una ragione di vita.

Dopo aver scoperto la loro realtà mi ha colpita dalla loro campagna, avviata non a caso nel mese di marzo, denominata ‘Particolariforwoman’, e per tale ragione ho deciso di volerne sapere di più sulla loro modalità di impresa, che può vantare il 95% di organico femminile.

Ho deciso, allora, di intervistare Donatella Ranni, la fondatrice del marchio, con cui ho scambiato delle idee sia sulla problematiche del gender pay gap che dell’imprenditoria in generale, approdando anche alla loro propensione verso la sensibilizzazione e le iniziative su tematiche quali la prevenzione dei tumori femminili. Ecco l’intervista:

D. Particolari sul tema dell’assunzione femminile può essere definita una vera e propria “pioniera” del settore. Ci può raccontare il percorso che la sua azienda ha intrapreso per raggiungere uno standard assunzionale del genere? Qual è la vostra “Pink history”?
R. La nostra storia nasce nel 1998, da oltre vent’ anni lavoriamo per creare valore nel mondo che amiamo da sempre: la moda.
Il mondo Particolari è tutto al femminile: il prodotto è rivolto ad un pubblico femminile, le nostre clienti sono quasi tutte donne, le nostre boutique sono gestite per il 90% da imprenditrici e l’organico della Casa Madre è composto per il 95% da Donne. I ruoli all’interno di un brand di moda sono moltissimi e richiedono tutti spiccate qualità di gusto, sensibilità e creatività, doti che riusciamo a trovare nelle figure femminili.
D. Molte aziende in espansione, già in fase progettuale, tendono ad avere un’impostazione logistica spesso declinata al maschile, rendendo difficile per una donna accedere alla possibilità di aprire un franchising. Questo, a mio parere, è dovuto al fatto che le posizioni apicali delle grandi aziende di moda siano ricoperte spesso da uomini. Secondo lei come è possibile colmare questo gap progettuale? Voi come azienda avete avuto modo di testare nuovi modelli per incentivare l’imprenditoria femminile?
R. Assolutamente sì, un’azienda che non vuole avere problematicità di questo tipo deve già prevedere in fase progettuale come e in che modo accrescere la propria azienda. Per farlo bisogna essere molto attenti in fase di progettazione dei propri modelli imprenditoriali in modo tale da avere già una previsione del loro sviluppo. Negli anni abbiamo avuto modo di ottimizzare i nostri modelli e abbiamo potuto costruire una rete di franchising volti ad agevolare impresa ad esempio abbattendo i costi di gestione e il rischio di impresa. Non necessariamente “impresa” debba voler significare “complessità” e in questo noi lavoriamo molto.
D. Parliamo di politiche aziendali a tutela delle donne. Quale tipo di iniziative adottate a tutela della condizione lavorativa femminile? Spesso, durante i colloqui assunzionali, a moltissime donne viene posta la domanda sia sul proprio stato civile (coniugate/single) sia sulla loro intenzione di affrontare eventualmente una gravidanza. Cosa ne pensa a riguardo? Come crede che si possa uscire da questa “Impasse” culturale per la quale una donna o è madre o è lavoratrice?
R. La nostra politica aziendale è da sempre per il rispetto e per la parità. Crediamo fermamente nel valore aggiunto che la componente femminile apporta al sistema-azienda. Rispetto all’uomo la donna ha più spiccate competenze di tipo comunicativo/di dialogo che permettono di dirimere i conflitti e favorire la cooperazione; per indole è più emotiva, collaborativa, più predisposta all’ascolto, alla resilienza, coraggiosa e determinata! Cosi riteniamo le donne in azienda e fuori ed è per questo che abbiamo creato un’azienda fatta da Donne e rivolta alle Donne.
D. Sono molte le aziende che decidono di sostenere iniziative sociali, aiutando diversi settori attraverso campagne di sensibilizzazione o finanziamenti volti a fornire un impulso a settori quali la ricerca e la prevenzione. Particolari nel mese di marzo ha dato vita ad una nobile iniziativa finalizzata a devolvere una serie di donazioni ad associazioni che si occupano della tutela delle donne. Ci può dire di più? Vi siete già impegnate in tal senso su altre tematiche così rilevanti?

R. Particolari da sempre è molto attenta alle politiche sociali, è attiva da sempre sulla ricerca e la prevenzione. Particolari vuole essere riconosciuto come un brand equo e solidale, in termini di donazioni, di campagne e anche in termini di prodotto. Periodicamente cerchiamo di organizzare iniziative volte a sensibilizzare i nostri clienti ed il nostro pubblico su tematiche di carattere sociale. Quest’anno nel mese di Marzo abbiamo deciso di sostenere enti e associazioni anche di informazione che trattano tematiche di genere in quanto le donne, in fase pandemica, sono maggiormente a rischio di perdere il proprio posto di lavoro. Per questo attraverso la campagna #particolariforwomen abbiamo sostenuto associazioni e network che trattano approfondimenti di genere, gender pay gap, empowerment femminile.

Nel mese di maggio con la campagna #Pianta una margherita Particolari omaggerà semi di Margherita a tutti i clienti a sostegno dell’ecosistema. Ognuno dal proprio balcone può contribuire a salvare l’intero ecosistema. Gli insetti impollinatori sono i responsabili dell’ 80% dei processi naturali e condizionano l’intera filiera alimentare e l’uso sempre più frequente di pesticidi, l’impatto dell’inquinamento delle nostre città stanno rendendo sempre più difficile il prezioso lavoro di questi magnifici insetti. L’obiettivo di questa iniziativa è proprio quello di rendere semplice e simpatica un’azione da un valore importantissimo, dare una mano al nostro ecosistema!

D. Per concludere, da imprenditrice e da “womanager” come credi che il mondo aziendale al femminile possa cambiare da qui a qualche anno? Come credi che le istituzioni possano incentivare il processo di inclusione della donna nel mondo dell’imprenditoria andando, di fatto, a rimuovere lo scoglio insormontabile del gender pay gap?
R. Quella del gender pay gap è una questione molto complessa che ci trasciniamo da anni. Superare questo gap ad oggi risulta ancora difficile in quanto nessun paese al mondo, rare sono le eccezioni, ha attuato politiche volte a colmare il gender pay gap. Sarà necessario divulgare e monitorare questa problematicità per spingere le istituzioni ad inquadrare questo effettivo problema e soprattutto rendere le donne più consapevoli di questo fenomeno che rischia di sottostimarle e limitarle fortemente.  In questo sono fiduciosa negli enti, associazioni di categoria, osservatori sociali ma anche giornalisti, insegnanti, sociologi, in quanto possono davvero sollecitare per un effettivo cambio di rotta.

 

Gestione cookie