Sembra che la situazione in Mali non trovi alcuna tregua, infatti martedì l’ONU ha diramato un rapporto secondo il quale l’esercito francese si sarebbe reso responsabile della morte di 19 civili durante un attacco aereo condotto nella cittadina di Bounti il 3 gennaio scorso. Dopo la diramazione di questo rapporto l’esercito francese ha subito messo le mani avanti dichiarando di essere sì responsabile dell’attacco condotto a Bounti, ma di aver ucciso 22 persone tutte terroristi e non civili, come riportato dall’ONU. Ma a quanto pare le prove in mano all’Organizzazione delle Nazioni Unite, dice un’altra cosa, infatti sarebbero solo 3 i terroristi uccisi durante l’attacco francese, che a quanto pare facevano parte di un gruppo di matrice jihadista.
L’esercito francese ha fin da subito attaccato l’ONU in quanto non avrebbe condotto un’indagine che si possa definire tale; secondo i francesi, infatti, l’ONU avrebbe tenuto conto solamente delle testimonianze locali e di fonti del tutto anonime.
La situazione in Mali e il recente colpo di Stato
L’attacco francese condotto a Bounti non è certo una novità per quanto riguarda la situazione in Mali, infatti l’esercito francese ha di stanza in Mali ben 5000 uomini, che fin dal 2013 si sono resi disponibili a fronteggiare e combattere diversi gruppi radicali all’interno della nazione africana.
In Mali la situazione politica è davvero molto complessa in quanto il Paese si trova diviso a metà sotto una sempre più costante minaccia di origine jihadista, in particolare di gruppi come il Katiba Sema. Questa situazione ha portato a più di un colpo di Stato negli ultimi tempi, l’ultimo è stato ad agosto del 2020 quando il Presidente Ibrahim Boubacar Keita è stato tratto in arresto dai suoi stessi soldati ribelli e costretto alle dimissioni sotto minaccia di morte. Il Presidente deposto avrebbe annunciato le sue dimissioni in diretta tv affermando di non volere “che venga versato sangue per mantenermi al potere”. Subito dopo i soldati che lo hanno arrestato si sono autonominati “Comitato nazionale per la salvezza del popolo”.
La situazione politica in Mali, soprattutto con Keita presidente, è sempre stata grave e difficile da gestire. Basti pensare che Keita nel 2013 era stato eletto Presidente e questo aveva dato grandi speranze al popolo maliano, anche quando nel 2018 si era assicurato un altro mandato. Ma le elezioni parlamentari del 2020 hanno cominciato a vedere un crollo generale della situazione. Infatti a tre giorni dalle elezioni l’avversario di Keita, Soumaila Cissé, era stato rapito facendo scatenare proteste verso il Governo.
La situazione si è aggravata quando la Corte Costituzionale Maliana ha ribaltato i risultati con 31 voti a favore del governo di Keita, scatenando l’accusa di brogli elettorali. A quel punto migliaia di persone si sono riversate in piazza costringendo Keita a sciogliere la Corte Costituzionale. Infine l’insurrezione ha costretto Keita a dimettersi soprattutto per le accuse di brogli, corruzione e mala gestione economica, ma anche per non essere stato capace di frenare l’avanzata jihadista nel nord del Paese.