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Interni

Coronavirus, ancora scandali nella gestione: dopo la Lombardia e le mascherine, la Sicilia e i dati falsati

Dopo lo scandalo mascherine in Lombardia, ora al centro dell’attenzione ci finisce anche la Sicilia, infatti dalle intercettazioni che sono andate avanti dal mese di novembre, risulta che i dati che la Regione Sicilia ha trasmesso all’Istituto Superiore di Sanità, sono falsi. Tutti questi dati sulla trasmissione del virus in Sicilia sono stati falsati proprio per non consentire che la Regione finisse nella zona rossa, ovvero la zona che prevede l’applicazione delle restrizioni più dure.

Secondo le indagini dei Carabinieri, molto probabilmente, i vari dati relativi alla diffusione pandemica sul suolo siciliano sono stati falsati ancora all’inizio della pandemia, quindi addirittura dal mese di febbraio dell’anno scorso. La maggior parte dei dati giunti all’istituto di Roma sono quindi stati falsati. Tutto questo ha permesso ai Carabinieri di portare a termine le indagini e accusare sei persone di falso ideologico e materiale, tra questi è presente anche l’attuale Assessore regionale alla Sanità.

I dati falsi sono stati trasmessi per qualsiasi ragione, dai dati relativi ai ricoveri in terapia intensiva, fino ai dati relativi ai decessi, ma i dati falsi riguardano anche il numero dei tamponi effettuati e soprattutto gli esiti di quest’ultimi. Questi dati sono stati comunicati proprio per non permettere che la situazione drammatica della Sicilia venisse a galla. Questi dati avrebbero fatto in modo anche che la situazione lacunosa della sanità siciliana venisse così scoperta.

Soltanto poche settimane fa lo scandalo mascherine in Lombardia: coinvolto l’ex-commissario Arcuri

Ma questo è solo l’ultimo degli scandali che ha riguardato la gestione pandemica sul nostro territorio, infatti come si citava all’inizio, anche la Lombardia è salita alla ribalta della recente cronaca a causa dello scandalo che ha coinvolto Arcuri e le mascherine anti-Covid. Dopo essere stata al centro della diffusione pandemica all’inizio dello scorso anno, la Lombardia si è tristemente ritrovata nuovamente al centro della cronaca sulla pandemia da coronavirus.

Proprio un anno fa la Lombardia ha registrato un picco di contagi ormai diventato emblema della pandemia in Italia. Proprio in quel periodo il commissario Arcuri ammetteva che qualcosa nel sistema si era inceppato, in quanto le mascherine non arrivavano in Lombardia. A questo punto Arcuri si mobilitò per avere una provvigione di 801 milioni di mascherine per un totale di 1250 milioni di euro. Il commissario nel periodo tra marzo e aprile dello scorso anno è firmatario di un contratto di 634 milioni di euro che fu stipulato con una ditta importatrice di mascherine, che era stata creata ad hoc appena cinque giorni prima da una coppia cinese, che poi è sparita nel nulla.

Quindi il commissario Arcuri avrebbe pagato una coppia di cinesi, spariti senza lasciare alcuna traccia, ben oltre 600 milioni di euro.

Ma il vaso di Pandora continua a buttare fuori nuovi sconvolgenti elementi, infatti dall’inchiesta sullo scandalo mascherine risulta che con i soldi di Arcuri sarebbero stati acquistati barche, orologi, case e gioielli.

Insomma sembra che le inchieste sugli scandali relativi alla pandemia non trovino un fondo e chissà cosa e quanto ancora resta da scoprire o non si scoprirà mai.

Tobias Fior

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