L’Ema e l’Aifa danno il via libera al siero vaccinale Johnson&Johnson che è in procinto di arrivare anche in Italia a partire dal 16 aprile, anche se bisogna aspettare l’ufficializzazione del quantitativo e della distribuzione delle dosi vaccinali.
L’annuncio di Medusei
“Questa mattina ho rappresentato l’intero Consiglio regionale all’inaugurazione dell’hub vaccinale alla Fiera del mare a Genova. Il Commissario Figliuolo mi ha confermato che i vaccini Johnson&Jonhson arriveranno in Italia dal 16 aprile“, rivela un post su Facebook del presidente del Consiglio regionale della Liguria, Gianmarco Medusei, che aggiunge: “Ce lo auguriamo, oltre alla vaccinazione che è prevenzione, auspico anche una maggiore produzione di anticorpi monoclonali, che si stanno dimostrando particolarmente efficaci anche sulle varianti”.
La svolta vaccinale di Johnson&Johnson
Si tratta di una vera e propria svolta nel campo della vaccinazione nazionale, se si pensa che l’Organizzazione Mondiale della Sanità ha consigliato questo vaccino in quei paesi dove è stata registrata una maggiore diffusione delle varianti del Covid, in quanto si è rivelato in grado di contrastarle nella maggioranza dei casi.
In generale, il vaccino della Johnson&Johnson ha mostrato la sua efficacia al 77% dopo 14 giorni dalla somministrazione e all’85% dopo 28 giorni dalla somministrazione. Intanto, nell’ottica della trasparenza, l’Unione Europea ha pubblicato l’accordo di prevendita siglato con Pfizer, come aveva fatto con Astrazeneca.
Le novità del nuovo vaccino: conservazione e dosi
Il vaccino risulta più semplice da conservare rispetto agli altri sieri perché non ha bisogno di mantenere la catena del freddo per salvaguardare la propria efficacia. Inoltre, sarà sufficiente una sola dose del vaccino Johnson&Johnson per considerarsi immuni dal virus, al contrario degli altri sieri che richiedono l’iniezione della dose di richiamo.
Il vaccino, durante la fase del test, si è rivelato efficace al 72% negli Usa e al 64% in Sudafrica. È proprio questo il motivo per il quale l’Organizzazione Mondiale della Sanità l’ha suggerito anche per evitare la diffusione delle varianti, come quella sudafricana, brasiliana e britannica.