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L’Italia protesta: scuola e rider alzano la voce, tra proteste nel rispetto delle norme anticovid e lo sciopero passivo

Nonostante l’Italia sia divisa tra zone rosse e arancioni, oggi le piazze di 60 città si sono riempite di manifestanti che, rispettando le norme anticovid, hanno protestato contro la DAD, ormai nel mirino comune di insegnanti, genitori e studenti. Lo sciopero è stato indetto da ‘Priorità alla Scuola‘.

La didattica a distanza, accettata in prima battuta come risposta d’emergenza, sembra adesso una facile soluzione. La scuola è diventata il capro espiatorio, il primo sacrificio per mantenere sotto controllo una curva di contagi in cui incide decisamente poco. I disagi che crea la DAD sono tanti e in particolar modo accentua quel Digital Divide, piaga silenziosa dell’Italia, le disuguaglianze di genere e il disagio infantile e adolescenziale.

Oggi il premier Mario Draghi durante la conferenza stampa ha espresso l’obiettivo di riaprire le scuole fino al primo anno della scuola secondaria di primo grado anche in zona rossa.

L’Italia protesta: lo sciopero “passivo” dei rider

Se la pandemia ha penalizzato gli studenti e il mondo della scuola, ha d’altro canto fatto aumentare la richiesta dei servizi di Delivery. A beneficiare della situazione però non sono gli addetti delle consegne che vivono ancora in una condizione lavorativa precaria e talvolta umiliante. Se la loro figura è stata infatti indispensabile, il loro compenso per il servizio reso è nullo, quasi 3 euro a consegna, e il loro ritmo di lavoro è deciso da un algoritmo penalizzante.

Oggi è stato così proclamato anche lo sciopero nazionale dei ride: uno sciopero davvero particolare. Il ‘nodeliveryday‘ è stata un’iniziativa nata dall’impossibilità dello sciopero stesso: non avendo un contratto da lavoratori, e i diritti da esso sanciti, i rider si sono affidati ad uno sciopero passivo, ovvero un boicottaggio delle piattaforme di delivery da parte degli abituali clienti.

I rider sperano in “un contratto vero e proprio, con tutele reali, concrete garanzie, equità e rispetto del loro lavoro con una retribuzione adeguata. In altre parole, un contratto collettivo nazionale”.

Federica Giunta

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