La scelta del giorno è simbolica, ma il messaggio lanciato è forte e d’impatto come il mezzo di trasmissione lasciava suggerire. Il 25 Marzo, giorno di partenza della fiaccola olimpica in direzione Tokyo, il dittatore coreano Kim Jong-un ha dato ordine di lanciare due missili balistici nel mar Baltico.
La Corea del Nord parla di un “lancio di prova”. Un lancio di prova dagli esiti positivi, in quanto ad essere testato è un nuovo tipo di missile che andrà arricchire il già grande e pericoloso potenziale bellico coreano.
Meno soddisfatti sia dell’esito sia della stessa effettuazione dei test sono gli altri attori internazionali coinvolti in questa pericolosa e incerta crisi diplomatica mondiale.
Il Giappone, mediante il suo primo ministro Yoshihide Suga, si dice preoccupato per la tenuta della pace, fortemente minacciata dalle esercitazioni nucleari di Pyongyang.
Il ministro degli esteri russo, Segej Lavrov, che si trovava in visita diplomatica a Seoul, avanza un invito alla diplomazia con la Cina a nome della Russia e della Corea del Sud.
Maggiore rilievo per le possibili conseguenze hanno senza dubbio le parole pronunciate da Biden. Il lancio dei missili di giovedì è stata la prima esercitazione nucleare nordcoreana dall’insediamento del nuovo presidente degli USA e dalla risposta dell’amministrazione è chiaro che il rapporto pacifico, sebbene ambiguo, che Trump aveva personalmente instaurato con il leader coreano, è destinato a essere messo in discussione.
“Ci stiamo consultando con alleati e partner: ci sarà una risposta se Pyongyang sceglierà un’escalation. Ma sono pronto anche a qualche forma di diplomazia, a condizione di una denuclearizzazione”: ha dichiarato Biden, rendendo così nota la sua volontà di consultazioni con i suoi alleati per una risposta efficace alle provocazioni della Corea del Nord. Una risposta che non esclude né un intervento armato né la strada della diplomazia – strada maestra auspicata da tutti – a patto dell’impegno di Pyongyang alla denuclearizzazione.