Una testata giornalistica tedesca attacca duramente Dante e la Divina Commedia nel 700 anniversario della mote del Sommo Poeta.
Si penserebbe che in un’occasione come il 700° anniversario della morte di uno dei poeti più illustri della storia italiana e occidentale (se non mondiale), la cui Opera principale ha influenzato scritti, opere teatrali, film e persino videogiochi, chiunque sia un amante della letteratura e della poesia si limiti a celebrarlo. Ed invece nel giorno in cui l’Italia ed il resto del mondo celebrano la ricorrenza in ricordo di Dante, la testata tedesca Frankfurter Rundschau, attraverso la penna del suo fondatore, il traduttore Arno Widmann, lancia un attacco al Sommo Poeta e alla sua Divina Commedia.
Se il giudizio negativo di Widmann si fosse fermato alla comparazione di Dante e Shakespeare, sottolineando come ad un lettore del nostro tempo l’opera dello scrittore britannico possa risultare più moderna e attuale, probabilmente nessuno avrebbe avuto da ridire. A tal proposito il traduttore tedesco scrive: “L’amoralità di Shakespeare, la sua descrizione di ciò che è, ci sembra anni luce più moderno dello sforzo di Dante di avere un’opinione su tutto, di trascinare tutto davanti al giudizio della sua morale”. Il suo giudizio comincia ad andare oltre quando a questo pensiero aggiunge: “Tutta questa gigantesca opera è lì solo per permettere al poeta di anticipare il Giudizio Universale, di fare il lavoro di Dio”.
Da traduttore e dunque da studioso di lingue, letterature e culture, Widmann dovrebbe sapere bene che la comparazione tra due artisti di epoche differenti è impossibile da fare, ma soprattutto che giudicare un’opera decontestualizzandola dal suo tempo e dalla sua cultura è un’azione priva del minimo senso. Ma l’autore tedesco non si è fermato a questa affermazione, ha ammesso che la Divina Commedia ha portato il volgare toscano -poi divenuto l’Italiano – a vette artistiche talmente elevate da permettere che divenisse prima lingua dei suoi lettori e poi di tutto il popolo.
Ma questa è l’unica concessione (scusa se è poco, in ogni caso), poiché successivamente accusa Dante di aver rubato l’idea del viaggio nell’aldilà ad uno scritto di un mistico arabo che aveva descritto l’ascesa in cielo. In realtà l’idea del viaggio all’inferno è presa dai classici greci e latini, così come la capacità del protagonista di attraversarlo indenne. La tripartizione dell’aldilà mutuata dalla stessa religione cristiana. Per quanto riguarda la strutturazione dei regni non ci sono riferimenti che lo abbiano preceduto.
Widmann aggiunge inoltre che anche l’idea dell’elevazione spirituale attraverso la donna non sarebbe un’idea di Dante, ma un’idea giunta solo danni dopo con la riforma luterana (affermazione anche in questo caso tutta da verificare). Insomma per il traduttore tedesco il Sommo Poeta non “si è inventato nulla”. Ad un simile attacco immotivato, in un giorno di celebrazione, il ministro della Cultura Dario Franceschini ha risposto con un tweet nel quale cita proprio una frase celebre della Divina Commedia: “Non ragioniam di lor, ma guarda e passa (Inf. III, 51)”.
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