Un fenomeno a dir poco antico quello della schiavitù, che nel corso di millenni e millenni della nostra storia ha saputo trovare comunque una via per proliferare: dallo schiavismo delle civiltà antiche oggi, questa terribile pratica, è approdata anche online. I numeri di un fenomeno che non si appresta a scomparire dalla nostra storia societaria nella Giornata internazionale in ricordo delle vittime delle schiavitù e della tratta transatlantica degli schiavi 2021
Pochi aspetti, nel corso della nostra storia come esseri umani uniti in società, sono rimasti nel corso dei secoli presenti e costanti. Abbiamo fatto evolvere l’economia dal baratto alle grandi borse della finanza così come siamo passati da sistemi politici profondamente differenti fra loro.
Un fenomeno però è riuscito, nonostante la nostra “prode” evoluzione, a mettere radici talmente profonde da riuscite a resistere ai complessi cambiamenti avvenuti: quello della schiavitù.
La pratica della schiavitù, intesa come condizione per la quale su di un individuo un altro ne rivendica diritto di proprietà connotandolo, dunque, come uno schiavo, ha origini a dir poco antiche.
Fin dalla nascita delle città-stato lo schiavo era ritenuto un vero e proprio bene che si poteva cumulare, e lo schiavismo era istituzionalizzato all’interno della società.
Tale pratica era consuetudinaria anche nelle civiltà antiche, come quella greca e romana, e si continuò a manifestare anche durante il Medioevo con l’unica eccezione di coloro i quali aderivano alla fede cristiana.
Per tutta l’epoca dei Comuni, lo schiavismo continuò ad essere pratica integrante della società, favorita dalle stesse istituzioni politiche. L’età moderna, in tal senso, non fu da meno, anzi: il traffico di schiavi africani prima e di brasiliani e caraibici poi dopo la scoperta dell’America continuò in maniera indisturbata, raggiungendo un apice fra il XIV e il XVII secolo (dunque fra il ‘300/’400 fino ad arrivare al ‘700).
In questo periodo non furono solo le popolazioni di colore ad essere vittime di questa barbarica pratica, ma anche gli europei, che strappati alle proprie terre da parte dei turchi e degli arabi, divennero mercanzia di scambio durante lo sviluppo massimo di quello che conosciamo come Impero Ottomano.
Se nel Cinquecento e Seicento erano i portoghesi e gli spagnoli a gestire tali tratte umane, nel Settecento tale pratica venne incentivata da inglesi, francesi e olandesi.
Questo terribile fenomeno continuò a perdurare a lungo nel corso degli anni: gli Stati Uniti lo abolirono solo nel 1865 mentre, in Brasile, si arrivò persino fino al 1888 come si può vedere nella tabella sottostante nella quale vengono riportati gli anni di abolizione ufficiale. L‘abolizionismo, infatti, ossia il processo di abolizione della schiavitù, fu un procedimento lentissimo e fortemente ostacolato dai colonialisti dell’epoca, che continuarono in alcuni casi a praticarlo nonostante i divieti ufficiali.
Oggi, nella ‘Giornata internazionale in ricordo delle vittime delle schiavitù e della tratta transatlantica degli schiavi 2021’, è fondamentale ribadire come la pratica della schiavitù si sia tutt’altro che arrestata. Con l’avvento della globalizzazione questo fenomeno non ha subito una battuta d’arresto, ma si è semplicemente evoluto adattandosi ai mutamenti socioeconomici tutt’ora in corso.
I numeri, infatti, sono a dir poco da capogiro: nel mondo sono 40 milioni il numero delle vittime di tratta, di cui un 72% donne e il 23% minori.
Se, inizialmente, gli schiavi venivano impiegati a forza in pratiche quali la costruzione di edifici, città o lo svolgimento di lavori pesanti di qualsivoglia tipologia, oggi lo schiavismo ha finalità in parte differenti ma altrettanto gravi. Il 60% delle tratte è quello della prostituzione, mentre un 34% quello di lavoro forzato, come ha riportato La Repubblica.
L’arrivo della pandemia non ha di certo arrestato il fenomeno, che si è semplicemente spostato online, aggravando ulteriormente la condizione delle vittime di questi soprusi che sono diventate ancora più invisibili agli occhi delle istituzioni e delle forze dell’ordine.
Oggi sono varie le associazioni umanitarie che si impegnano attivamente per controllare il dilagare di questa pratica brutale, ma i passi da fare in tal senso sono ancora tantissimi. Senza un impegno attivo a 360° da parte delle istituzioni, infatti, questo fenomeno continua ad evolversi e a permanere nella nostra società. E’ fondamentale, in tal senso, offrire delle alternative alle vittime delle tratte, in particolare quelle della prostituzione, attraverso un welfare che si occupi non solo della loro salute fisica, ma anche mentale, lavorativa e sociale.
L’impegno di onlus come ‘Caritas Ambrosiana’ è indubbiamente rilevante in quest’ottica: promuovendo attività di ricerca e campagne di sensibilizzazione sul tema, in sinergia con altre associazioni questa Caritas offre ai richiedenti asilo la possibilità di avere una rete sociale di sostegno, le cui maglie possono proteggerli dalle mani degli schiavisti indiscriminati che, approfittando delle condizioni di miseria, indigenza e debolezza, attirano a sé moltissimi migranti che giungono in Italia come in tutto l’Occidente.
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