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Gianmarco Pozzi, continua il giallo sulla morte: la tragedia nell’inchiesta de Le Iene

Il servizio delle Iene andato in onda ieri sera ha suscitato notevole interesse pubblico sul caso di Gianmarco Pozzi, il 28enne deceduto a Ponza lo scorso nove agosto.
Originario di Roma, Gianmarco si trovava a Ponza per lavoro, era un pugile e faceva l’addetto alla sicurezza nei locali del posto durante i mesi estivi.

Era il nove agosto scorso quando, nelle prime ore del mattino, venne ritrovato il corpo di Gianmarco. I primi a chiamare la polizia sono due abitanti del posto: il 28enne, infatti, è stato trovato nell’intercapedine di una casa a Ponza, non distante da dove alloggiava con un amico.

Le circostanze in cui il decesso avvenne vennero inizialmente liquidate come accidentali: Gianmarco era morto cadendo in quella sorta di strettoia perché, in quel momento, si trovava sotto l’effetto di Cocaina. Confrontando gli articoli usciti nei giorni a ridosso della tragedia, in effetti, è unanime la definizione la morte del 28enne come avvenuta per sbaglio.

Fin da subito, però, è facile rendersi conto che tanti elementi di questa vicenda risultino  stridenti fra di loro: il modo in cui è stato ritrovato il cadavere di Gianmarco è stato, innanzitutto, poco chiaro: com’è possibile che la lui, cadendo per soli 2,70 metri, si sia ritrovato in condizioni così gravi? E’ questo il primo interrogativo che la sorella della vittima si è posta assieme al reso della famiglia.

Già ad una primissima visione delle foto, effettivamente, il corpo appare in condizioni gravissime: le ossa sono tutte rotte, sia a destra che a sinistra, e gli ematomi presenti su parti del corpo che non ha toccato direttamente terra sono di dimensioni importantissime.

Gianmarco, inoltre, era senza maglietta, in costume e non aveva i documenti con sé. Secondo le dichiarazioni dell’amico e coinquilino, registrate dalla sorella nella primissima visita a Ponza subito dopo il decesso, il pugile era sotto effetto di cocaina e, per tale motivo, stava avendo forti allucinazioni, al punto di voler scappare da casa.
Per cui, in preda alla concitazione, sarebbe arrivato nel luogo dove sarebbe deceduto scivolando.

In realtà, però, raggiungere quella posizione correndo fino a scivolare sarebbe stato difficile in quanto sarebbe dovuto saltare da un tetto e l’altro, alti fra l’altro non pochi metri.
A detta della sorella Gianmarco l’amico sarebbe stato molto vago, imponendosi nel ricostruire un percorso innaturale che, la vittima, non avrebbe potuto mai avere avendo per altro paura nelle altezze e difficoltà a spostarsi in quel modo a causa della corporatura molto muscolosa.

Ciò che in questa terribile vicenda desta giustamente più clamore è il modo in cui le istituzioni, sia giuridiche che mediche, si siano interfacciate con il caso.
Nessun’indagine, fino ad ora, e nessuno, eccetto il medico legale commissionato dalla famiglia, che si sia chiesto come mai sul corpo martoriato di Pozzi non sia stata eseguita un’autopsia ma un’ispezione cadaverica superficiale.

All’uomo, in più, mancavano anche alcune unghie delle dita dei piedi, e aveva segni che, nei mesi successivi all’indagine, molti tecnici hanno collegato ad una rissa o, comunque, ad un’aggressione.

Nell’appartamento dove alloggiava il suo letto era senza lenzuola: come è possibile, si è interrogata la madre, che una persona schizzinosa come suo figlio potesse dormire senza lenzuola mentre gli altri le avevano? E perché nella valigia restituita dalla polizia alla famiglia c’era un paio di lenzuola pulite, che profumavano di bucato appena fatto, e mancavano tantissimi degli oggetti di Gianmarco? Altro elemento ambiguo il fatto che, all’interno della valigia, ci fossero delle pastiglie. Perché la polizia non le ha rimosse? E perché l’appartamento non è stato messo sotto sequestro per effettuare delle indagini più approfondite?

A complicare ulteriormente il puzzle il fatto che nelle mutande della vittima ci fosse una busta con dentro lo scontrino dell’acquisto di mannite, materiale di taglio per la cocaina e vari mozziconi di sigaretta.

Tutti questi interrogativi lasciano nella famiglia, e nel loro legale così come in tantissime altre persone, dubbi giganteschi sulla morte di Gianmarco: le istituzioni non collaborative, nessun indagine condotta, il medico legale che bypassa i segni di violenza più evidenti e tutte le incongruenze logistiche e temporali fanno pensare alla famiglia che si tratti di un omicidio legato, potenzialmente, o al mondo dello spaccio o, comunque, ad una sorta di vendetta.

Già verso novembre e dicembre in moltissimi articoli si iniziò a parlare di una morte non accidentale, con numerose testimonianze che appoggiavano la versione della famiglia. Non resta che stare a vedere come si evolveranno le indagini.

 

Martina De Marco

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