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Interni

550.000 mascherine non a norma: “La capacità filtrante è solo del 36%”. Una truffa che arriva dalla Cina

Sta facendo molto rumore l’ennesimo caso di mascherine importate dalla Cina che non rispettano affatto gli standard di protezione.

L’ultima vicenda riguarda uno stock di 300.000 mascherine Ffp2 giunte a Roma, che venivano garantite come “le migliori possibili” grazie ad un presunto di conformità CE. Per farla breve, le mascherine avrebbero assicurato il 95% di protezione, come richiesto dalla norma, se non di più.

Peccato che sia bastata una prova di filtrazione effettuata in un laboratorio spagnolo lo scorso luglio per accertare invece che quelle stesse Ffp2 hanno una capacità filtrante del 36%, e non del 95%. Anche le 250.000 mascherine Ffp3 avrebbero una capacità di filtraggio leggermente inferiore alla norma.

Come accennato, si tratta solo dell’ultimo caso di dispositivi di protezione individuale giunti dall’estero (specialmente dalla Cina, ndr) che risultano poi taroccati: su 553 milioni di prodotti complessivi provenienti da altri Paesi, circa il 10% (55 milioni, ndr) non sarebbe regolare. E non è certo un caso se nel corso dei mesi il Nas ha provveduto a sequestrare 6 milioni di DPI, come riporta anche il quotidiano “La Repubblica”.

I contratti rescissi e la maxi commessa da 1,25 miliardi

Una situazione che si è verificata già da marzo 2020, quando l’Italia si è trovata completamente sprovvista di “armi” per fronteggiare la pandemia di coronavirus e non ha potuto far altro che far arrivare dispositivi di protezione dall’estero. Talvolta sono stati firmati contratti per stock che si sono poi rivelati non a norma.

La struttura commissariale, gestita da Domenico Arcuri, ha già dovuto rescindere alcuni contratti stipulati con società che hanano poi fornito Ffp2 con efficienza filtrante decisamente inferiore a quella pattuita.

Infine, il caso della maxi commessa da 1,25 miliardi firmata da Arcuri con tre consorzi cinesi, che ha fatto arrivare circa 800 milioni di chirurgiche e Ffp2 che sono poi risultate irregolari in seguito ad alcuni test.

Proprio quelle mascherine sono state utilizzate dall’Azienda sanitaria universitaria di Udine, come rivela l’infermiere Massimo Vidotto, sindacalista CISL. Risultato? “Abbiamo avuto 1.380 positivi su 8.500 dipendenti”, spiega Vidotto.

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Roberto Naccarella

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