35 anni fa come oggi terminava il Maxiprocesso a Palermo: quella che avrebbe dovuto essere la fine di una delle pagine più turpi della nostra storia criminale, tuttavia, fu solo l’inizio. A distanza di tutto questo tempo cosa è cambiato e in che stato versano, oggi le mafie, soprattutto dopo il Covid?
Sono passati esattamente 35 anni da quel 10 febbraio del 1986: quel giorno, tutta la gerarchia di Cosa Nostra, dalla “cupola” con annessi boss fino ad arrivare all’ultimo dei picciotti, si ritrovò in quella che venne definita ‘l’astronave di giustizia’, ossia l’aula bunker dell’Ucciardone, il carcere di Palermo.
Quel fatidico giorno fu solo la punta di un iceberg le cui basi nacquero molti anni prima: ci volle un anno abbondante di isolamento sull’isola dell’Asinara per far sì che il pool, guidato da Antonino Caponnetto, partorisse le novemila pagine di rinvio a giudizio. Un processo che fino ad allora, nella storia, non aveva avuto precedenti, soprattutto dal punto di vista dei numeri:
Dopo ben 349 udienze e 36 giorni di riunione in camera di consiglio, la corte emise la storica sentenza: 19 ergastoli, che portarono ad un totale di 2.665 anni di reclusione. Alla fine, dopo una serie di rimodulazioni delle condanne, si giunse al 1992, un anno fatidico quanto nefasto: era il 30 gennaio quando, ufficialmente, si scrisse l’ultima pagina di quella maxi sentenza.
Mentre erano insieme a cena, Falcone e il PM Giuseppe Ayala si dissero: “D’ora in poi per la mafia nulla sarà più come prima”; nessuno, purtroppo, poteva sapere quello che da lì a pochi mesi sarebbe accaduto, quel terribile maggio 1992 in cui avvenne quella che oggi conosciamo come Strage di Capaci.
Il pronostico di Falcone, purtroppo, non si è rivelato del tutto esatto.
Nel frattempo, infatti, così come il Paese e l’economia, anche la Mafia si è evoluta, riuscendosi ad adattare come liquido in un recipiente ai cambiamenti storico sociali che si sono verificati in itinere.
Non è infatti per nulla sorprendente che nel corso dell’ultimo anno, pur essendo in piena pandemia, la mafia abbia continuato a proliferare in modo incontrollato, riuscendo ad accaparrarsi, comunque, una grossa fetta degli affaire-covid.
Proprio due giorni fa è nato a Bari un osservatorio contro le infiltrazioni dei clan durante la pandemia, con l’obiettivo di monitorare il territorio in previsione dei “futuri aiuti economici previsti per la ripartenza”.
Nel frattempo Cosa Nostra, dopo una lunga lotta da parte dello Stato, venne in sostanza demilitarizzata, ma nonostante questo i tentativi di ricostruzione interna sono stati tanti. L’ultimo, durissimo colpo inferto dallo Stato è stato il blitz “cupola 2.0” avvenuto lo scorso dicembre.
Il tentativo di ricostruire la commissione provinciale di Cosa Nostra, come riportato da La Repubblica, è stato “seppellito sotto quasi cinque secoli di carcere (483 anni)”.
Solo una settimana fa, invece, i Carabinieri del Ros hanno eseguito un decreto di fermo per 23 indagati, tutti ritenuti responsabili a vario titolo di associazione di tipo mafioso ed appartenenti ai clan Stidda e Cosa Nostra. Sotto trovate una mappa indicativa con la suddivisione territoriale dei clan in Sicilia
Se negli anni di Falcone e Borsellino la ‘Ndrangheta iniziava a proliferare ma si articolava ancora come una mafia strettamente legata al contesto calabrese, adesso la situazione è a dir poco cambiata, e il magistrato Nicola Gratteri ne sa qualcosa.
Volto di punta dell’antimafia nostrana, Gratteri sta portando avanti una lotta alla ‘Ndrangheta senza precedenti, come senza precedenti è, d’altronde, i legami che le ‘ndrine calabresi sono riusciti a costruire in tutto il mondo.
I loro clan sono radicati in modo capillare non solo in Nord e Sud Italia, ma anche nell’Europa e, sopratutto, in Sudamerica.
Lettura obbligatoria (fra le tante) per approfondire l’argomento è “Oro Bianco” di Gratteri, nel quale realizza un’analisi di straordinaria precisione sulle tratte della cocaina fra il Sudamerica e la Calabria.
E’ di qualche giorno fa la notizia di una maxi indagine che ha portato ad un arresto massivo, a Lecco in particolare, di 160 ‘ndranghetisti mentre nel frattempo si apprende in mattinata che nel porto di Gioia Tauro, uno dei più grandi punti di snodo per queste cosche, sono stati sequestrati 1300 chili di cocaina nascosta fra caffè, frutta e carne per un valore di 260 milioni di euro.
Altro discorso da fare è quello per la Camorra.
Senza addentrarsi troppo nella storia delle origini, va però evidenziato, per comprendere quanto accade oggi, la nascita della Nuova Camorra Organizzata e il ruolo del clan dei casalesi.
Dagli anni ’70 agli ’90 si verifica nella Camorra un importante processo di trasformazione, che trovò compimento nella figura di Raffaele Cutolo.
La riforma interna non piacque a tutti, e scatenò delle fortissime faide interne che culminarono nel sangue e che sono continuate fino a pochi anni fa.
Ad oggi la Camorra poggia non sono su un numero cospicuo di clan locali (che si dividono fra Caserta, Napoli, Salerno e altre zone) ma ha anche forti contatti all’estero finalizzati ad implementare l’impalcatura dello spaccio di sostanze stupefacenti.
Gli arresti dei boss e degli esponenti di spicco dei clan, che negli ultimi anni sono stati molto colpiti dalle forze dell’ordine, hanno dato vita al fenomeno parallelo di gruppi criminali autoctoni nella zona del napoletano soprattutto.
Chiudiamo questa brevissima sintesi dei clan attivi in Italia con la Puglia, la cui impostazione territoriale ha dato vita, in sostanza, a fenomeni criminali del tutto particolaristici soprattutto nel foggiano.
Dopo un’exploit negli anni novanta, dovuto anche alla commistione con la mafia dell’est Europa, la Sacra Corona Unita è stata, negli anni, fortemente indebolita da molteplici interventi repressivi.
Situazione radicalmente diversa a Foggia e provincia, dove si è sviluppata la Società Foggiana, una delle mafie italiane più sanguinarie e brutali mai esistite.
Questo cartello opera maggiormente nella città, appunto, di Foggia, e moltissimo nella provincia, ma ha anche importanti infiltrazioni in altre città italiane.
Il gruppo criminale opera, in sostanza, in “batterie” composte da differenti famiglie, ed è riuscito ad infiltrarsi in modo importante nell’ambito degli appalti pubblici e del settore terziario.
La situazione è molto più grave di quanto si possa immaginare: come dichiarato dal Questore di Foggia Piernicola Silvis, l’80% dei negozianti paga il pizzo.
La società foggiana è indubbiamente uno dei cartelli maggiormente pericolosi e attualmente in evoluzione; come ha dichiarato Roberto Saviano, “È la mafia più ignorata dai media, potentissima ed efferata”.
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