Mentre nelle campagne di Castellana Grotte (Bari) si segnala (o meglio, si ipotizza) l’avvistamento di una pantera in libertà, viene spontaneo il richiamo alla memoria dell’omonimo movimento studentesco, nato proprio dalla presenza dell’enorme felino sulla Nomentana a Roma al sorgere degli anni Novanta. Cosa resta, oggi, di quell’ondata di rivolte e quanto è realistico pensare alla possibilità che questo avvistamento dia vita, come accadde nel 1989, a nuovi movimenti studenteschi in grado di convogliare il malcontento della popolazione universitaria e non?
Palermo, 1989: il governo Andreotti si è insediato da pochi mesi quando un gruppo di studenti dell’Università degli Studi di Palermo decide di occupare l’Ateneo, in particolare la facoltà di Lettere e Filosofia, per protestare contro la riforma dell’allora ministro dell’Istruzione Antonio Ruberti. Una riforma rilevante, quella di Ruberti, che segnò ufficialmente non solo l’entrata dei privati nei Consigli di Amministrazione delle Università e la riorganizzazione di moltissimi Corsi di Laurea, ma pose anche le basi di quella che oggi conosciamo (fin troppo bene) come didattica a distanza. Fra gli aspetti maggiormente criticati dagli studenti, emergono in particolare i provvedimenti attraverso i quali la rappresentanza studentesca venne relegata meramente ad un organo di tipo consultivo (oggi noto come Consiglio Studentesco o Consulta degli Studenti), che poteva dunque dare parere ma non prendere decisioni determinanti, oltre che la possibilità di finanziamenti diretti da parte dei privati che, in tal modo, entravano de facto per la prima volta nella storia negli organi di governo delle università. Gli studenti, infatti, temevano che da tale apertura potessero trarne beneficio solo le facoltà scientifiche, e, soprattutto, gli Atenei di grandi dimensioni a discapito di quelli più piccoli. Il resto, si sa, è storia: i timori degli studenti si realizzarono tutti e trovarono compimento ufficiale, a distanza di anni, nella nota Legge Gelmini.
I sommovimenti palermitani funsero come il primo tassello di un effetto domino, originando un insieme di occupazioni a catena che giunsero fino alla capitale. Definendosi un “Movimento politico, apartitico, democratico, non violento e antifascista” questi studenti-manifestanti iniziarono ad attirare l’attenzione sia pubblica che politica. Non avevano un nome o uno slogan in particolare fino a quando non avvenne un evento tanto bizzarro quanto emblematico: il 27 dicembre venne avvistata a Roma, su via Nomentana, una pantera nera. La notizia si diffuse nel giro di pochissimo tempo per tutta la città, generando una “caccia collettiva alla pantera”: per tale motivo due pubblicitari accostarono l’inseguimento del felino a quello dei gruppi di manifestanti, coniando uno slogan destinato a restare nella storia e che decisero di regalare agli studenti della Sapienza: “La pantera siamo noi”. Da quel momento in poi, quel movimento politico fluido aveva finalmente un’identità a dir poco solida.
Castellana Grotte, 2021: Nella giornata di oggi ha iniziato a circolare la notizia riguardante l’avvistamento di una pantera nelle campagne di Castellana Grotte, un comune di circa 20mila abitanti situato nella provincia di Bari. La segnalazione ha destato non poco interesse, soprattutto da parte degli abitanti locali, intimoriti dal possibile incontro ravvicinato con il poco mansueto felino. Il sindaco ha voluto comunque tranquillizzare la popolazione, specificando che sono ancora in corso gli accertamenti dovuti e invitando i cittadini a non recarsi, per ora, nelle zone di campagna dove è stato effettuato l’avvistamento.
L’immagine di un nuovo movimento studentesco che potrebbe originarsi da questo nuovo avvistamento è tanto romantica quanto, a tratti utopica. E’ dal 2008, effettivamente, che un aggregazione rivelante di studenti universitari e medi non scuote dalle fondamenta la vita politica del Paese: ci riferiamo al movimento Onda, che prese vita a seguito dell’ondata, appunto, di proteste, nate sotto il governo Berlusconi IV dopo l’approvazione di quella che oggi conosciamo Riforma Gelmini, attraverso la quale si approvò uno degli scempi più conclamati della storia universitaria del Paese, quello della riduzione della drastica riduzione del Fondo di Finanziamento Ordinario, ossia quell’insieme di fondi, erogato dallo Stato, che costituisce almeno l’80% delle entrate di ciascuna università italiana (oltre alle tasse studentesche ed eventuali finanziamenti esterni).
Attualmente sul territorio italiano le associazioni studentesche universitarie non sono poche, e si differenziano, sostanzialmente, in tre macro aree: sindacati studenteschi di sinistra, sia nazionali che indipendenti, associazioni di destra e quelli che tendono ad un centro che, spesso ma non sempre, coincide con un associazionismo di stampo cattolico. L’attivismo universitario non è dunque di certo scomparso, ma d’altro conte non si può certo affermare che abbiano il peso di un tempo nella vita politica del Paese. E’ dunque ipotizzabile pensare ad una nuova “Pantera”, che non sia per forza un movimento le cui file sono ingrossate strettamente da studenti? Se da un lato la cinica realtà porta a pensare negativamente, dall’altro, mi piace ancora affidarmi alla forza sovversiva della “moltitudine” (vedi Toni Negri) in questo caso studentesca e, per dirla come la filosofia Donatella Di Cesare ne “Il tempo della rivolta” (2020): “Sebbene il fuoco sembri labile, e l’evento fugace, la rivolta non può essere considerata una congiuntura effimera. Nelle sue alternanze è un fenomeno globale che promette di essere duraturo. Neppure la pandemia ha potuto fermarla”.
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