Il presidente turco, Recep Tayyip Erdogan, ha condannato il movimento LGBTQI+, definendolo incompatibile con i valori del paese e paragonando i manifestanti studenteschi ai “terroristi”, dopo che le manifestazioni dei giovani durate ormai più di un mese hanno scosso il governo.
Questa settimana più di 300 studenti, insieme ai loro sostenitori, sono stati arrestati a Istanbul e nella capitale Ankara in alterchi sempre più violenti. Le proteste sono scoppiate per la prima volta dopo che Erdogan ha nominato la lealista del partito Melih Bulu a capo dell’élite dell’Università Bogazici di Istanbul all’inizio dell’anno. La nomina ha creato scalpore perché gli studenti l’hanno vista come un tentativo di Erdogan per centralizzare il controllo sulla maggior parte degli aspetti della vita quotidiana dei turchi.
Erdogan ha detto in video-collegamento con i suoi fedeli di partito: “Questo paese non sarà un luogo in cui prevalgono i terroristi. Non lo permetteremo mai”. Le manifestazioni studentesche hanno echi delle proteste del 2013 che sono sorte contro i piani di demolizione di un parco di Istanbul, prima di diffondersi a livello nazionale e porre il primo grande dilemma politico per Erdogan.
La condanna degli Stati Uniti
Il Dipartimento di Stato americano ha prontamente condannato la “retorica” di Erdogan come inaccettabile. “Siamo preoccupati per le detenzioni di studenti e altri manifestanti e condanniamo fermamente la retorica anti LGBTQIA che circonda le manifestazioni”, ha detto il portavoce del Dipartimento di Stato Ned Price.
La polizia ha riferito di aver effettuato più di 170 arresti. Lo stesso Erdogan ha sottolineato le analogie tra queste proteste e quelle scoppiate nel 2013 a sostegno di Gezi Park.
“Questo paese non sperimenterà mai un altro evento Gezi”, ha promesso Erdogan.
Martedì migliaia di poliziotti antisommossa hanno usato proiettili di gomma, gas lacrimogeni e manganelli. Devlet Bahceli, alleato della coalizione ultranazionalista di Erdogan, ha definito i manifestanti “serpenti velenosi le cui teste devono essere schiacciate”.
Il poster e gli arresti
Negli ultimi giorni sono state numerose le marce di solidarietà soprattutto dopo l’arresto, avvenuto sabato, di quattro studenti che avevano affisso nel campus un poster con l’immagine della Kaaba circondata di bandiere arcobaleno. Molti manifestanti sono stati picchiati da agenti delle forze dell’ordine mentre i residenti del distretto Kadiköy, fortemente ostili a Erdogan, hanno espresso il loro sostegno alle proteste con un concerto di pentole.
La tesi dell’accusa di terrorismo è stata fatta propria dal ministro dell’Interno, Süleyman Soylu, che ha definito 79 arrestati componenti 2dell’organizzazione terroristica brigatista DHKP-C”.
Proprio Soylu è però finito nel mirino di Twitter, che ha segnalato come “contenuto che istiga all’odio e contrario alle regole sulla policy” più di un cinguettio del ministro, che ha fra l’altro scritto: «Perché la Turchia deve tollerare dei deviati?».