Sulla rotta balcanica si consuma la tragedia dei migranti, perseguitati dalle forze dell’ordine e abbandonati al gelo a -20° notturni
Continua a consumarsi la tragedia umanitaria in Bosnia, dove migliaia di migranti sono in fuga fra mine anti uomo, una terribile bufera di neve e la polizia pronta ad arrestarli. Dopo l’incendio del campo di Lipa avvenuto lo scorso dicembre, migliaia di persone, circa 1200, sono rimaste senza niente, né cibo né vestiti per coprirsi dal rigido inverno bosniaco, aggravando una situazione già ingestibile. Alcuni sono scalzi, dormono tutti nella foresta, dove la notte si registrano temperature che toccano i -20°. Una situazione estremamente complessa, nella quale le autorità continuano a rimpallarsi le responsabilità e l’Europa si limita a lanciare appelli alle autorità bosniache per evitare una “tragedia umanitaria” che, in realtà, è già in corso. A riguardo un gruppo di parlamentari italiani ha lanciato un appello per richiedere che l’Europa e i singoli governi intervengano sulla questione, creando nell’attesa dei corridoi umanitari che consentano di mettere i migranti in salvo mentre le istituzioni dovrebbero essere impegnate a mettere a punto un piano condiviso e solidale.
La polizia: “Ce lo chiede l’Europa”
Questa catastrofe, che si consuma fra l’altro a pochi chilometri dai confini dell’Unione Europea, è aggravata ulteriormente dai diktat di arresto. Avvenire.it ha intervistato alcuni dei migranti irregolari che sono stati catturati dalla polizia: sono curdo-iraniani, e con loro c’è un bambino di 11 anni. In quei boschi, oltre alla polizia accusata di usare la violenza contro migranti infermi, e alle mine, ci sono i trafficanti armati. Un contesto, insomma, talmente complesso da non poter essere né ignorato né affrontato da un singolo stato. E alla fine, un poliziotto intervistato confessa all’Avvenire: “Nessuno dei migranti è intenzionato a fermarsi in Croazia“, dichiara l’agente presso il posto di controllo di Veliki Obilaj. “Però dobbiamo fermarli lo stesso per proteggere i nostri confini. Sono gli ordini – dice –. E poi ce lo chiede l’Europa“.