In questi giorni si è parlato molto del “ban” inflitto dai vari social a Donald Trump, reo di aver pubblicato dei tweet durante l’assedio al Congresso USA dove il Presidente uscente non condannava di fatto le violenze dei sostenitori repubblicani.
Twitter ha addirittura optato per il ban definitivo nei confronti dell’account del tycoon, dopo un’iniziale “sospensione temporanea”. Anche Facebook e Instagram hanno scelto di sospendere gli account del Presidente uscente, sconfitto alle ultime elezioni presidenziali dal candidato democratico Joe Biden (anche se Trump non riconosce il successo dell’avversario, ndr).
Per continuare ad avere un contatto con i suoi follower e più in generale con la popolazione americana, Trump si era rifugiato su Parler, un’alternativa a Twitter dove non sono previste censure.
Tuttavia, Google era subito intervenuta per rimuovere Parler dal Play Store, e lo stesso ha fatto anche Apple, dato che il social alternativo è stato rimosso anche dall’App Store.
“Abbiamo sostenuto che i diversi punti di vista dovessero essere rappresentati sull’App Store, ma non c’è spazio sulla nostra piattaforma per violenza e illegalità – si legge nella dichiarazione ufficiale del gigante di Cupertino – Parler non ha preso le misure adeguate per affrontare il proliferare di queste minacce”.
Parler, di cosa si tratta? Tutto sul social alternativo
Non solo Donald Trump, ma un pò tutti i “trumpiani” si stanno rifugiando su Parler, tanto che si è parlato di una sorta di “Twexit”. I sostenitori del tycoon si stanno spostando su Parler per continuare ad avere un filo diretto con il popolo di Trump ed evitare le sanzioni di Twitter.
Parler è di fatto un social molto simile a Twitter, dove non ci sono censure o moderazioni in caso di linguaggio razzista e sessista, o tantomeno per l’incitamento all’odio e alla violenza.
Fondato nel 2018 da John Matze e Jared Thomson, due informatici del Colorado, Parler è molto gettonato negli ambienti dell’estrema destra statunitense e tra i suprematisti bianchi.