Il ricordo della strage che segno un prima e un dopo nella storia francese: a distanza di 6 anni e dopo la decapitazione del professore parigino che mostrò le vignette del giornale satirico cosa è accaduto?
Era il 7 gennaio 2015 quando due individui mascherati e armati fecero irruzione attorno alle 11 del mattino nella sede del giornale satirico Charlie Hebdo a Parigi. Nell’attentato – rivendicato dalla corrente yemenita di Al-Qaeda (o Ansar al-Sharia) – persero la vita 12 persone e ne rimasero gravemente ferite 11.
L’attentato di Charlie Hebdo: cosa accadde
Quella mattina gli estremisti di Al Qaeda presero come ostaggio una delle disegnatrici del giornale, Corinne Rey, costringendola con le armi ad immettere il codice per entrare nella sede. Una volta fatto breccia nella redazione aprirono il fuoco contro 12 dipendenti del giornale al grido di Allahu Akbar: fra le vittime il direttore Stéphane Charbonnie, vignettisti, giornalisti e alcuni poliziotti. Uno di questi ultimi era il responsabile della sicurezza del giornale, che morì sparato.
I due attentatori si danno alla fuga a bordo di una Citroën C3 nera: mentre sfrecciano fra le vie di Parigi all’altezza della Boulevard Richard-Lenoir incrociano un auto della polizia verso la quale aprono il fuoco, sparando alla testa e uccidendo un altro poliziotto prima di rubare il veicolo di un civile trovatosi lì per caso. Il governo francese mette in piedi un impianto giudiziario capillare in tutta la nazione per trovare i fuggivi; questi ultimi, che vengono rintracciati il 9 gennaio 2015: si sono barricati all’interno di una tipografia che viene immediatamente circondata dalle forze dell’ordine.
Nel frattempo, però, scatta un secondo allarme: è la mattina dell’8 gennaio e a sud di Parigi, nella città di Montrouge, il terrorista di origini maliane Amedy Coulibaly spara alla polizia uccidendo un’agente. Si saprà in seguito che il trentaduenne del Mali è legato ai fratelli Kouachi. L’uomo si da alla fuga e il giorno dopo, comprendendo che la polizia fosse sulle sue tracce, si barrica in un supermercato kosher Hypercacher presso Porte de Vincennes, a est di Parigi, dove prende in ostaggio 17 persone, dichiarando di rilasciarle solo a patto della liberazione dei fratelli Kouachi. Nell’attacco perdono la vita quattro ostaggi, di cui tre cittadini francesi di religione ebraica.
Alla fine, il 9 gennaio 2015 durante il pomeriggio mentre la polizia fa irruzione nella tipografia e uccide i responsabili della strage di Charlie Hebdo, le forze speciali entrano con la forza nel supermarket preso in ostaggio da Coulibaly e lo uccidono.
Durante la condanna l’uccisione del professore
Il processo per la strage si è aperto all’incirca durante il mese di agosto 2020: una prova durissima per i sopravvissuti e i familiari delle vittime che hanno dovuto rivivere quei terribili momenti. Durante la fase del dibattimento vi sono stati altri due attacchi terroristici: a settembre l’accoltellamento di due persone vicino alla sede del giornale e ad ottobre, invece, in un vile attacco terroristico è stato decapitato un professore parigino, Samuel Paty, che aveva mostrato ai suoi alunni le vignette di Maometto in classe.
Alla fine, però, il 16 dicembre è arrivata la condanna ufficiale: 30 anni ad Ali Riza Polat, ritenuto il complice principale dei fratelli Kouachi e di Amédy Coulibaly. Tre degli imputati sono latitanti, fra cui Hayat Boumeddiene, vedova di Coulibaly, anche lei condannata a 30 anni, e i fratelli Mohammed e Mehdi Belhoucine: il primo è stato condannato all’ergastolo, mentre per il secondo sono state estinte azioni legali dato che è considerato deceduto.