Dopo anni di attesa, è stato finalmente reso pubblico il progetto preliminare per la realizzazione del deposito nazionale per lo stoccaggio dei rifiuti radioattivi in Italia. Il nulla osta arriva dal Ministero dello Sviluppo e dal Ministero dell’Ambiente, in riferimento al CNAPI (Carta Nazionale delle Aree Potenzialmente Idonee).
L’obbiettivo è quello della realizzazione del deposito per i rifiuti radioattivi, che consentirà di conservare i rifiuti radioattivi italiani di media e bassa attività in maniera definitiva. Un progetto complessivo che prevede un investimento di circa 900 milioni di euro.
Un area di circa 150 ettari complessivi, accoglierà il deposito nazionale e il parco tecnologico. La struttura sarà organizzata come una matrioska, all’interno della quale saranno presenti delle celle. Si tratta di 90 costruzioni in calcestruzzo armato, dove verranno collocati grandi contenitori, sempre in calcestruzzo speciale. I contenitori saranno a loro volta racchiusi in dei moduli, all’interno dei quali saranno presenti i rifiuti radioattivi già condizionati.
L’area di stoccaggio avrà una superficie di circa 170.000 metri cubi di rifiuti di alta e media attività. Questi saranno lasciati in una prima fase temporanea in deposito, per poi essere sistemati in maniera definitiva in una deposito geologico. Tra questi rifiuti, circa 78 mila metri cubi di bassa e media attività, provengono dal mondo medico e ospedaliero, basti pensare a tutte le sostanze radioattive usate per le diagnosi cliniche e per le terapie tumorali.
Dopo un complesso processo di selezione a livello nazionale, svolto da Sogin (la società statale incaricata dello smantellamento degli impianti nucleari italiani e della gestione e messa in sicurezza dei rifiuti radioattivi), che ha permesso di valutare e scartare le aree non conformi alla sicurezza dell’uomo e dell’ambiente, sono state individuate sette regioni e 67 aree papabili: Piemonte, Toscana, Lazio, Puglia, Basilicata, Sardegna e Sicilia. Vediamo meglio quali nello specifico.
4 aree in Sicilia: province di Trapani, Palermo e Caltanissetta (Comuni di Trapani, Calatafimi, Segesta, Castellana, Petralia, Butera).
14 aree in Sardegna: zone in provincia di Oristano (Siapiccia, Albagiara, Assolo, Usellus, Mogorella, Villa Sant’Antonio, Nuragus, Nurri, Genuri, Setzu, Turri, Pauli Arbarei, Ortacesus, Guasila, Segariu, Villamar, Gergei e altri).
17 aree in Basilicata e Puglia: zone tra le province di Potenza, Matera, Bari, Taranto (Comuni di Genzano, Irsina, Acerenza, Oppido Lucano, Gravina, Altamura, Matera, Laterza, Bernalda, Montalbano, Montescaglioso).
24 aree in Toscana e Lazio: zone tra le province di Siena, Grosseto e Viterbo (Comuni di Pienza, Campagnatico, Ischia e Montalto di Castro, Canino, Tuscania, Tarquinia, Vignanello, Gallese, Corchiano).
8 aree in Piemonte: zone tra le province di Torino e Alessandria (Comuni di Caluso, Mazzè, Rondissone, Carmagnola, Alessandria, Quargento, Bosco Marengo e così via).
Le aree individuate devono tuttavia ottenere il consenso da parte della comunità, ovvero di enti locali e quindi Comuni e Regioni, sindacati, associazioni di categoria, enti di ricerca e università. Solo dopo avere avuto tutte approvazioni si potrà procedere alla costruzione del deposito, che richiederà almeno 4 anni per l’intera realizzazione.
Una partita che non sarà affatto facile da vincere, viste già le prime dichiarazioni di alcuni Comuni interessati. “Non saremo pattumiera delle scorie radioattive“, questo quanto dichiarato dal presidente delle regione Sardegna, Christian Solinas. E ancora: “Noi diciamo no a questa ipotesi“, fa sapere Giacomo Tranchida, sindaco di Trapani. Nella regione Lazio, sono addirittura 22 le aree che hanno bocciato il progetto e hanno detto “no“, così Fabio Menicacci, sindaco di Soriano nel Cimino e nel Viterbese ha dichiarato: “Faremo di tutto per opporci“.
Della stessa opinione anche la regione Puglia. Il sindaco di Gravina in Puglia, Alessio Valente dichiara: “la vocazione di queste nostre aree è agricola e turistica, e non permetteremo mai che ci trasformino in un cimitero di scorie nucleari“.
A chiudere il cerchio, il presidente di Legambiente, Stefano Ciafani, che ha commentato come sia necessario individuare un area nazionale che ospiti scorie di attività media e bassa, a differenza dei rifiuti di alta attività che invece necessitano di un deposito europeo, sulla quale è necessario trovare una accordo. La stessa organizzazione ambientalista di Greenpeace sostiene come non bisogna appoggiare e condividere la strategia scelta dall’Italia, basata sulla costruzione di un solo deposito “nazionale”, che ospiti i rifiuti di bassa attività a lungo termine e di media e alta attività temporaneamente.
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