Caso Regeni, a distanza di cinque anni emerge il nome del suo presunto assassino
Oggi, dopo ben cinque lunghi anni dalla vicenda che ha coinvolto lo studente Giulio Regeni, sembrerebbe emergere il nome del suo “presunto assassino“. Ricordiamo che il corpo senza vita del ricercatore friulano, venne ritrovato il 3 febbraio del 2016, a seguito della scomparsa avvenuta già nel mese di gennaio dello stesso anno, nella città del Cairo, non lontano da una prigione dei servizi segreti egiziani.
Il caso Regeni, sin dall’inizio ha suscitato dubbi e forti polemiche, sia a causa dei segni di tortura rinvenuti nel corpo del ragazzo, che hanno destato numerosi sospetti sulla modalità della avvenuta morte, sia sugli innumerevoli depistaggi in materia di indagini.
Nel mirino della Procura, quattro agenti dei servizi segreti egiziani
A distanza di anni, pare sia arrivata finalmente un po’ di luce sulla vicenda. Nel mirino della Procura di Roma, sarebbero infatti ritenuti responsabili dell’omicidio del giovane, quattro appartenenti alla National Security, agenti dei servizi segreti egiziani. A questi si aggiungerebbe una quinta persona, per la quale sarebbe stata chiesta l’archiviazione, poiché non sarebbero stati trovati e raccolti, elementi sufficientemente tali da richiedere l’accusa di giudizio.
Le accuse con la quale i PM avrebbero emesso i quattro avvisi di chiusura delle indagini, in attesa di richiesta del processo, sarebbero: sequestro di persona pluriaggravato, concorso in lesioni personali aggravate e concorso in omicidio aggravato. A finire sotto processo, rischierebbero il generale Tariq Sabir, Athar Kamel Mohamed Ibrahim, Uhsam Helmi e il maggiore Magdi Ibrahim Abdelal Sharif, quest’ultimo accusato anche di lesioni personali aggravate. Secondo i PM, sarebbe stato proprio lui a dare il colpo di grazia al giovane ricercatore, causandone la morte.
Il giovane ricercatore friulano, da quanto emerge dagli atti delle indagini da parte del procuratore Michele Prestipino e del sostituto Sergio Colaiocco, sarebbe rimasto nelle mani dei suoi aguzzini per bene nove giorni, giorni in cui sarebbe stato sottoposto a sevizie e torture. Atroci sofferenze fisiche, calci e pugni sarebbero solo alcune delle violenze subite.
Giulio Regeni, sarebbe stato condotto contro la sua volontà presso il commissariato di Dokki, per poi trovarsi successivamente presso un edificio a Lazougly, luogo in cui sarebbe rimasto prigioniero. I quattro indagati avrebbero infatti abusato della loro carica di pubblici ufficiali.
A dare il via alla vicenda, la denuncia presentata da Said Mohamed Abdallah, rappresentante del sindacato indipendente dei venditori ambulanti del Cairo Ovest, presso gli uffici della National Security. L’atto di conclusione delle indagini punta il dito proprio sul maggiore Magdi Ibrahim Abdelal Sharif, torturatore e responsabile probabilmente della morte. Ad inchiodare il maggiore, le parole di alcuni testimoni sentiti nei mesi scorsi dai PM di piazzale Clodio.
Come rende noto la Procura e come previsto dal codice di procedura penale, i difensori d’ufficio degli indagati, hanno venti giorni per chiedere di poter essere ascoltati in merito ai fatti avvenuti , presentando le dovute documentazioni.