Speriamo sia l’ultimo atto di una bagarre francamente evitabile, considerando che deriva da quello che è un lutto – la scomparsa di Diego Armando Maradona.
L’ex presidente del Napoli Corrado Ferlaino – intervistato da La Repubblica – ha fatto chiarezza in merito alla risposta a Cabrini (l’ex bandiera bianconera aveva ipotizzato che l’ambiente Napoli avrebbe danneggiato Maradona, con l’ex presidente partenopeo che aveva replicato a Rai News: “A Cabrini rispondo: e quel giocatore della Juve che tentò il suicidio? Al Napoli non sarebbe mai successo”).
Ed ha spiegato come s’è trattato di un equivoco:
“Pessotto? Io non ho fatto in tv il suo nome. Chiarisco l’equivoco. Mi hanno chiesto di commentare in tv le parole di Cabrini: e cioè la colossale sciocchezza che se Maradona fosse andato alla Juve non gli sarebbe capitato di farsi del male. Ho ribattuto che, invece, un latino come lui a Torino non ci sarebbe mai andato, o si sarebbe incupito. E ho aggiunto che a Napoli, per la sua vitalità, diventa più difficile lanciarsi giù dalla finestra. In ogni caso, mi ha chiamato il dottor Pessotto, ho chiarito anche con lui, gli rinnovo i miei migliori auguri“.
Quindi, sul fatto che avrebbe potuto / dovuto proteggere Maradona dalle cattive influenze:
“Ma un presidente non è mica un tutore, un predicatore. Poi d’estate lo perdevo di vista. Andava in Argentina, come lo controllavi? Era un campione, con la sua vita… Tutti parlano di camorra, di boss. Ma io lavoro a Napoli da quando avevo 16 anni, da 70 faccio l’imprenditore qui. Non mi drogo, non incontro camorre. C’erano in lui fragilità, c’era voglia di sentirsi circondato, a costo di perdersi. Un presidente non può stare addosso a un giocatore, anche se è Maradona. Ma gli mandavo i miei dirigenti più in gamba, più forti. Così come, quando finì in un guaio giudiziario, lo feci assistere dal migliore, l’avvocato Siniscalchi”.
Ferlaino ha quindi raccontato nuovamente i dettagli della trattativa che ha portato Mardona a Napoli: “La follia, quando ci sei dentro, mica la vedi. Avevamo davvero seri problemi. Proprio per il bisogno di fare cassa, organizzammo un’amichevole con il Barcellona. Volevamo venisse Maradona. Ci risposero che non stava bene. E cominciò un film. Un thriller… Oltre alla follia di credere in quel progetto, pesarono alcune coincidenze irripetibili. Era un amico Enzo Scotti, che diventò sindaco Dc di Napoli per cento giorni. Ed avevo ascolto presso l’allora potentissimo presidente del Banco di Napoli, Ventriglia. Un sabato. Mi svegliai prestissimo, ottenni i documenti in banca, ma prima che leggessero i giornali: attaccavano l’idea di spendere tanti soldi per un campione. Andai in Lega, depositai una busta vuota. Proseguii, sempre in aereo privato, per Barcellona. Col contratto firmato da Maradona, feci tappa ancora a Milano, a sera: convinsi un vigilante a farmi entrare, al posto di quella vuota depositai la busta con il contratto, tornai a Napoli non so a che ora. La città esplodeva di gioia”.
Per finire, una amara battuta:
“Lo sa l’enorme dispiacere qual è? Non poterlo rivedere neanche dopo. Lui sarà in paradiso. Dove io non andrò“.