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“Col virus conviveremo ancora a lungo”: il parere della direttrice dello Spallanzani

Il 2020 è senza dubbio un anno di incertezze, dove si è riscoperta una paura atavica dell’ essere umano, quella del contagio da malattie infettive. Il Covid-19 con le sue 48 mila vittime in Italia e oltre un milione e 300 mila nel mondo è il male che stiamo cercando di sconfiggere. Nel momento in cui lo sviluppo dei vaccini sembra ad un svolta arriva un forte richiamo al realismo: “L’unico virus che finora l’ umanità ha completamente debellato è il vaiolo. Qualsiasi prospettiva di un’ uscita rapida da questa pandemia, compreso l’ arrivo dei vaccini, è un’ ipotesi consolatoria.”

A parlare è Maria Rosaria Capobianchi, Direttrice del laboratorio di Virologia presso l’Istituto Nazionale per le Malattie Infettive Lazzaro Spallanzani. La biologa, nonostante assieme alla sua squadra abbia isolato per prima il virus, si è sempre tenuta fuori dalla giostra di dichiarazioni televisive dei suoi colleghi. Intervista per il ‘Corriere della sera’ la Capobianchi parla di virus poderoso ma non del peggiore avversario che sia capitato: “Senza andare alla peste del 1600, che era però causata da un batterio e non da un virus, l’influenza spagnola del 1918 ha provocato più di 40 milioni di vittime e mezzo miliardo di contagi. Ed è andata a cicli, come tutte le pandemie. Succederà anche stavolta.

Lei e il suo gruppo di ricerca dello Spallanzani siete tra i primi ad aver visto il virus. Che differenza c’è con quelli che l’ hanno preceduto?

“È rotondeggiante, mentre quello di Ebola, per esempio, sembra più un bastoncello contorto. E poi ha un genoma tre volte più grande di quello dell’ Hiv.”

E cosa sono i pennacchi rossi che li caratterizzano?

“Non sono rossi, vengono colorati così per evidenziarli. Sono le zampette presenti come una corona sulla superficie, con le quali il virus si attacca ai recettori presenti su un’altra superficie, quella della cellula, per parassitarla. Il recettore usato dal Sars-CoV-2 si chiama Ace-2 ed è un componente importante dei meccanismi fisiologici di regolazione cellulare: il virus lo usa come un ladro che con una chiave falsa si introduce in una casa per derubarla.”

Possiamo immaginare il Coronavirus come una forma di vita intelligente?

“Assolutamente no. Nessuna premeditazione né volontà. Non ha obiettivi, si trasmette e basta, più si replica e più sopravvive. Preso a sé stante, è soltanto un complesso di molecole, non ha processi metabolici, è inerte, non appartiene, diciamo così, al regno dei viventi. Da parassita qual è, diventa vivo solo quando riesce a entrare in una cellula. A quel punto, ne prende il controllo: come i virus dei computer, la manda in bomba, si impadronisce del suo metabolismo, si adopera per moltiplicarsi e dopo averla prosciugata ne esce per andare a infettare altre cellule.”

Come lo avete ‘catturato’?

“Allo Spallanzani abbiamo fatto rapidamente la diagnosi, identificando il virus grazie ad un frammento del suo genoma, e abbiamo allestito la coltura cellulare per ottenerne l’isolamento.”

Lombardia e nord Italia hanno delle colpe per non aver capito cosa stesse accadendo?

“Non saprei, non direi. È un tipo di virus nuovo, di fronte al quale la nostra specie è sprovvista di immunità di popolazione. In più non è facile da riconoscere, i sintomi iniziali possono essere confusi con quelli di una banale costipazione, spesso sono sfumati o mancano del tutto.”

I vaccini ci libereranno definitivamente dal virus?

“Non ci sono ancora terapie capaci di vincere il Covid. Di contenerlo sì, ma non di eliminarlo. Quanto al vaccino, siamo molto vicini. Ma quanto durerà la protezione che ci garantirà? Non si sa. Potrebbe essere necessario ritararlo ogni anno, come per il vaccino influenzale. Perché è probabile che questo virus non sarà stroncato come è successo per il SarS-CoV nel 2002, e quindi avremo a che fare con lui, temo, ancora per molto tempo e diverse altre stagioni, come per le ondate di influenza.”

Vittorio Senese

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