Da quando Tale e Quale Show esiste, nel momento in cui un concorrente si trova a dover imitare un artista di colore i truccatori dipingono la sua faccia di nero – alimentando l’odioso fenomeno del Blackface.
Un fenomeno diffusosi nel XIX secolo e concluso negli Stati Uniti intorno agli anni ’60 (così ci dice Wikipedia e di Wikipedia ci fidiamo).
In Italia, però, siamo in ritardo di una cinquantina d’anni e quindi sulla Rai blackface come non ci fosse un domani.
Quando basterebbe fare una rapida ricerca su internet per capire che è un fenomeno endemicamente razzista.
Ce lo scrivono decine di siti, ce lo scrive History Channel (in un articolo – intitolato ‘Come la storia del Blackface è profondamente razzista’ – che potete leggere in inglese cliccando qui):
“Il blackface iniziò negli Stati Uniti dopo la Guerra Civile quando attori bianchi rappresentavano personaggi che volevano umiliare e disumanizzare gli afroamericani”.
Ma se di norma gli artisti rappresentati attraverso il Blackface non hanno avuto modo di lamentarsene – non sapendo nemmeno che Tale e Quale Show esista – e le uniche critiche possono essere giunte tramite i social da cittadini giustamente indignati, ieri è capitato che Sergio Muniz abbia interpretato Ghali.
Ma davvero nel 2020 siamo costretti a vedere robe del genere sulla tv di Stato?
Ghali – dal canto suo – s’è giustamente risentito ed ha fatto notare quanto poco opportuna sia stata l’imitazione di Muniz (e soprattutto il trucco di Muniz).
Sono parole dure ed importanti.
E la speranza è che smuovano qualcosa.
Ghali in tal senso è sempre in prima linea per cercare di aprire le menti, in un Paese che sotto troppi punti di vista è in ritardo sulla storia.
Ed anche piccoli gesti e piccole iniziative possono causare apertura mentale.
Visualizza questo post su Instagram