Può trasmettersi anche da uomo a uomo il virus scoperto in Bolivia e che ha provocato la morte di tre persone. I ricercatori spiegano di cosa si tratta
Mentre il mondo si trova a fare i conti con la pandemia da Coronavirus, dalla Bolivia arriva la notizia di un nuovo pericoloso virus mortale che sarebbe in grado di diffondersi da una persona all’altra. L’annuncio è arrivato nel corso dell’annuale incontro dell’American Society of Tropical Medicine and Hygiene e ha catturato immediatamente l’attenzione dei media internazionali: il virus in questione si chiama Chapare mammarenavirus e al momento avrebbe provocato cinque infezioni accertate in alcuni villaggi non lontani dalla capitale La Paz nel 2019. Tre infezioni sarebbero risultate fatali e riguarderebbero almeno due operatori sanitari. Infatti un medico d’ambulanza, un giovane medico ed un gastroenterologo si sono ammalati dopo il contatto con due pazienti infetti: i sintomi accertati sarebbero una febbre emorragica oltre ad altra sintomatologia simile a quella dell’Ebola (vomito, dolore addominale, eruzioni cutanee, sangue alle genive) e la diffusione avverrebbe tramite contatto con fluidi corporei mentre uno dei vettori primari che trasporta il chapare mammarenavirus sarebbe una specie di roditore in grado di trasmetterlo all’uomo come sottolineato da Caitlin Cossaboom, epidemiologa dei CDC che si sta occupando del caso. Ma non è da escludere che possa anche trasmettersi sessualmente essendo stata riscontrata la presenza di Rna virale nello sperma di una delle persone infettate a distanza di 668 giorni dall’infezione.
Il primo paziente è un contadino ed è uno dei tre deceduti: prove della presenza del virus sono state trovate nei roditori che si trovavano nei campi coltivati dall’uomo. Si tratterebbe di ratti pigmei del riso e ratti pigmei del riso dalle orecchie piccole, appartenenti al genere Oligoryzomys ed esteticamente molto simili ai topi. I ricercatori, che stanno cercando di capire in quali altri modi questo virus si diffonsa, ritengono che possa essere presente in Bolivia da molti anni ed in alcuni pazienti potrebbe essere stato erroneamente diagnosticato. Il primo caso accertato risalirebbe infatti al 2004, ovvero prima della mini epidemia avviata nel 2019. Non vi sono al momento cure o trattamenti specifici.
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