Sono allarmanti, le parole della dottoressa Anna Maria Brambilla, intervistata dal Corriere (qui l’intervista integrale).
La dottoressa, primaria del reparto di medicina d’urgenza del Sacco di Milano, parla senza peli sulla lingua – dipingendo una situazione drammatica nel capoluogo meneghino:
“Siamo inondati. È precipitato tutto il 12 ottobre, ricordo il giorno, un lunedì. I segnali che poteva ricominciare già c’erano. Quando hanno riaperto le discoteche in estate, qui abbiamo pensato: oh no! Mai creduto che il virus se ne fosse andato per sempre, ma non ci si aspettava una botta del genere. Invece, quel 12 ottobre, di colpo, siamo stati presi d’assalto da un centinaio di ambulanze, più uomini e donne con sintomi che si presentavano da soli. Da allora è stata una maxi emergenza quotidiana. Nel giro di due settimane, abbiamo ricoverato più polmoniti da Covid che in tutto marzo e aprile. Una cinquantina al giorno. In due settimane, il bollettino di due mesi”.
Il Sacco può ancora reggere, ma siamo al momento ai limiti:
“Non siamo ancora all’apice. Rispetto alla prima ondata, il virus circola molto di più sul territorio, almeno qui. Ormai siamo a 300 letti su 400, quasi saturate le nostre possibilità. E il vero problema è che la mia città, Milano, sembra non rendersi conto dell’incendio che la minaccia”.
Ma perché proprio Milano?
“Non saprei. Forse c’entra qualcosa anche la qualità dell’aria, il concentrato di aziende e industrie. D’altronde tutto è cominciato a Wuhan, una delle zone più inquinate della Cina. Comunque, quello che ci ha salvato sei mesi fa è stato la chiusura totale. Adesso si vede ancora troppa gente in giro. Troppa”.
Mentre, come d’altra parte suggerito dal Governo, per la dottoressa Brambilla bisogna comprendere che si sta lottando contro un nemico mortale e per questo la cautela dovrebbe essere massima:
“Capisco il problema dell’economia, ma la situazione è davvero disperata. La gente deve sapere. Milano deve sapere e capire. Al momento, l’unica vera arma contro questo virus è proprio riconoscerlo per quello che è: un nemico malefico, che ti prende alla sprovvista, che sbriciola le difese umanitarie. Un nemico mortale”.
Un nemico mortale di cui non ci libereremo almeno fino alla prossima primavera:
“Il numero dei contagi, e anche quello dei decessi, continua a crescere in modo preoccupante. In più arriva la stagione fredda, le influenze, avremo ancora dei mesi complicati davanti. Forse potremmo esserne fuori verso marzo o aprile. Ma soltanto se faremo le cose giuste e diremo le verità che vanno dette“.