Contagiato dal Coronavirus, Vitantonio Liuzzi, ex pilota di F1 in Red Bull e Toro Rosso, ha raccontato la sua battaglia contro la malattia che ha colpito anche la sua famiglia
Se da un lato c’è chi è riuscito ad affrontare il contagio da Coronavirus con una certa tranquillità, data la limitata presenza dei sintomi, dall’altro c’è chi ha visto le sue condizioni di salute peggiorare rapidamente tanto da dover essere ricoverato d’urgenza. È il caso di un ex campione di Formula 1, Vitantonio Liuzzi, che ha deciso di raccontare la sua esperienza con la malattia, dal contagio al ricovero. All’ex pilota non è andata come a Ronaldo o a Ibrahimovic, che si sono rapidamente messi alle spalle il virus: “Non riuscivo a respirare, sono stato ricoverato per un principio di polmonite”, ha rivelato Liuzzi che ha gareggiato con Red Bull e Toro Rosso durante la sua carriera come pilota in Formula 1. Tutto è iniziato il 22 ottobre quando stava facendo allenamento: “Era un circuito per riprendere un po’ fiato, poi alla fine mi sono sentito spossato. Occhi caldi, lucidi. Pensavo fosse la fatica degli esercizi, dato che il corpo non è più abituato come prima allo sforzo. Per scrupolo – ha raccontato alla Gazzetta dello Sport – abbiamo deciso di farci un tampone rapido il giorno dopo, perché nella classe di Sole un ragazzo era risultato contagiato. Una volta venuto il farmacista, ci è stata comunicata la positività e che bisognava allertare il 118 per dare avvio alla quarantena. La febbre non è mai stata tanta, tra 36,8 e 37 gradi, giusto un po’ di scompenso intestinale come mia moglie e mia figlia, poi dopo quattro giorni io e Francesca abbiamo perso anche il gusto”.
A quel punto l’ex pilota e la famiglia hanno raggiunto San Giovanni Teatino senza mai scendere dall’auto e allertando il 118 che ha confermato la positività del tampone. Nelle ore successive però le condizioni di Liuzzi sono peggiorate. “L’Usca – ha raccontato – mi ha portato in ospedale a Chieti intorno alle 12, per fare lastra, una tac e dei test. E da lì non ne sono più uscito. La diagnosi è stata subito chiara: avevo un inizio di polmonite, di tipo bilaterale. Per fortuna sono stato al sicuro perché conoscevo la bravura dei dottori del reparto (quello di Malattie Infettive, adibito ad Area Covid e diretto dal professor Jacopo Vecchiet, ndr) e il ventilatore mi ha aiutato nella respirazione, dato che avevo il fiato molto corto nei primi tre giorni di ricovero”.
Il ritorno a casa è avvenuto martedì scorso ma l’ex pilota non si è ancora messo il Coronavirus alle spalle: “Sono positivo e mi sento uno straccio”, ha spiegato, “ma almeno posso passare la quarantena con le mie donne. Anche se tutti e tre abbiamo avuto dei sintomi, dobbiamo ritenerci fortunati vedendo quello che altre famiglie hanno passato con il Covid finendo anche in terapia intensiva. All’inizio finché non ti capita nulla pensi sempre di essere invincibile e tendi pure a sminuirlo, ma è capace di cambiarti la vita in peggio. Sa buttarti a terra quando meno te lo aspetti. E’ importante sanificarsi, lavarsi le mani, stare attenti a qualsiasi cosa. E me ne rendo conto ancora di più adesso, con una famiglia accanto e genitori a pochi passi da casa mia, che per fortuna non ho incontrato. Non sapere il motivo per cui lo hai preso, porta a farti mille domande e ti destabilizza: ti senti più piccolo di una cosa che in realtà è più grande di te“.
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